sabato 28 novembre 2015

Duecentosettanta notti e attendo ancora.

(Foto di mia proprietà - "Autoritratto")

Duecentosettanta giorni passati, dieci cicli lunari si sono verificati, ne mancano solo altri tre completi, altri ottantuno giorni. Penelope tesseva una tela, io scatto fotografie, le elaboro, le rielaboro, le riscatto, e cosi all'infinito. Ho preso sette chili dal Dicembre scorso, sette chili di cui sento tutto il peso e la fatica, sette chili che non volevo, ma che ho penato per ottenere, sette chili che mi sono pesati e mi pesano come un macigno fisso sullo stomaco. Perché sono ingrassata è presto detto:

1. Dovevo necessariamente farlo perché pesare trentotto chili non andava bene
2. Perché ho nutrito la (vana) speranza che il peso potesse modificare le sorti di quello che è accaduto dieci mesi fa. 

Dieci mesi, chi lo avrebbe detto che il tempo sarebbe passato cosi in fretta? Si ripetono gli eventi, questa volta senza la conclusione di un anno felice come l'anno passato. Quest'anno niente è andato per il verso giusto, quest'anno che tra due mesetti verrà a concludersi è stato colmo di lacrime, dolore. Un anno pesante sotto molti aspetti. Un anno di attesa e di speranze infrante. Per carità ci sono stati attimi (brevi) di lucidità mentale razionale e/o irrazionale, ma alla fin fine gli attimi restano sempre e solo attimi, brevi lassi di tempo che non riescono a cambiare la sorte degli eventi protratti per lungo termine. Cambiano le priorità, cambiano le amicizie e le abitudini, in quasi un anno ho fatto passi avanti, ho imparato a mettermi in discussione come fotografa, ho imparato ad accettare le critiche e ad accettare i complimenti anche se quegli scatti per me non sono "perfetti". E' un lavoro ancora in corso. Non è facile chiedere il parere di chi per te è più bravo, ma se non lo facessi non potrei andare oltre e non voglio fossilizzarmi, non ho una data di scadenza per questo, devo imparare a lasciare andare la parte emotiva e scattare un po' col raziocigno, continuare a studiare e non sentirmi inadatta se mi si presenta l'occasione di guadagnarci qualche euro con i miei lavori. Piano pianino ce la farò. Questo, probabilmente, è l'unico proposito per l'anno nuovo che ho già iniziato a mettere in atto concretamente, certo ho scucito un bel po' di soldi, ma sono soldi ben spesi, perché so che mi daranno l'opportunità di partecipare a delle mostre, di far vedere anche ad altri quello che i miei occhi vedono e immortalano per sempre. Attimi, ma attimi di quelli che durano tutta la vita.
Oggi mentre rientravo dall'allenamento ho sorriso per un ricordo, ho sorriso di cuore, senza pensarci, mi è sopraggiunta la domanda: "Chissà a chi manderà le foto della cena aziendale?"
Una domanda che sappiamo non dovrei pormi, eppure ho sorriso ricordando le foto ricevute, i messaggini con le descrizioni di pance piene e mente annebbiata dai fumi dell'alcool. Chissà se nevicherà quest'anno. Altre foto perderò se ciò dovesse accadere, ma non importa, vorrà dire che le scatterò io, andrò in giro a scattar foto se dovesse nevicare. Piagnucolo un po' adesso, ma vi giuro che stamani sorridevo a questi ricordi. Non facevano male, ma si sa la sera le barriere vengono meno, il dolore si rafforza e quei fiori che mi hanno portato mezzi appassiti e che mi servono per un progetto fotografico mi guardano troppo colorati e ancora troppo ritti per rappresentarmi, spero che nel weekend siano appassiti al punto giusto per divenire il mazzo nuziale di una Penelope in attesa. Perduta tra i pensieri come al solito le parole e i concetti si confondono ed ora c'è anche Slash con questa qui che non aiuta proprio per nulla:


She is watching, heart aching with sorrow
She is broken is broken, as she waits
Hoping when all is said and done we can learn to love and be as one

giovedì 26 novembre 2015

Non essere nulla di più di niente

C'è chi diventa mamma per la prima, seconda o infinita volta e poi ci sono io che mi ritrovo a giocare con le bambole, però badate bene, ci gioco in ambito fotografico, da bambina non mi sono mai interessate troppo, non che ad oggi ne sia attratta particolarmente, ma ci sono quelle ispirazioni del momento che vanno seguite e mi ritrovo a giocare con bambole e luci e pose manco fossero mini modelle, eppure mi hanno già un po' annoiato, sarà che lo stimolo se ne è andato a farsi un giro, sarà che ho bisogno di vagare quanto più possibile con la mente, perché se mi fermo mi ammazzo di pensieri e sinceramente ho smesso di pensare, preferisco zittire ogni barlume di pensiero prima ancora che l'avvisaglia alzi la bandierina dell'allerta pericolo. D'altra parte lo stimolo del mutamento deve essere un po' abbandonato, vuoi per il tempo inclemente, vuoi per pigrizia, vuoi perché da amante dell'inverno mi sono ritrovata a divenire orso e il letargo lo prediligo di gran lunga al batter forte i denti per il gelo di queste serate. Un po' di sano letargo tuttavia non credo mi possa nuocere, certo nel letargo non resto immobile, mi mantengo attiva allenandomi, lavorando, badando ai miei piccoli nanetti adolescenti e al loro voler emulare prematuramente i grandi con tutte le conseguenze che ne comportano, come oggi che, il mio nuovo allievo, detto Gianni Morandi piccino (è uguale uguale) ha fumato una sigaretta e si è sentito male, ha vomitato pure l'anima poverino ed io li a dirgli che sarà la prima di una di quelle vomitate che si ricorderà a vita. Ricordo la mia ultima, coincide con l'ultima volta che mi sono ubriacata di brutto, ma proprio brutto brutto, parevo la tipa dell'esorcista, ma cribbio, ad oggi, dico che ne è valsa proprio la pena. Errare humanum est. Si dice cosi vero? Ben vengano gli errori, di qualunque tipo essi siano, perché solo sbagliando si impara realmente, un po' come il mio far sbagliare di proposito gli allievi con le equazioni, le proporzioni o qualunque argomento matematico, perché sarebbe troppo facile indicare loro l'errore, ma sono loro che devono comprendere dove sbagliano e correggere la volta dopo, una volta compreso l'errore stupido o grave e chissene se ci mettono due ore su una espressione, alla fine sapranno farle ad occhi chiusi (quelli mentali gli occhietti). Un metodo probabilmente criticabile, ma è il mio metodo e sino ad ora nessuno in questi diciotto anni è mai stato bocciato o rimandato in qualche materia, anzi sono giunti alla fine delle superiori senza troppa fatica. E fermo per iscritto questa giornata passata a consolare un piccolo ometto alla sua prima asfaltata senza ritegno, dove il mio cane si sentiva un piccolo infermierino preoccupato ma più ingombrante di un elefante. Ora mi rilasso. Mi fermo. Smetto di mantenere i blocchi attivi e mi lascio andare nell'oblio del ricordo dell'ultima volta in cui con piacere ho assistito chi stava male, nonostante per la persona non fossi nulla di più di niente.

mercoledì 25 novembre 2015

Piece of my heart


Take it! 
Take another little piece of my heart now, baby,
Oh, oh, break it!
Break another little bit of my heart, 
now darling, yeah, yeah, yeah.


venerdì 20 novembre 2015

You're A Lie


The sun is gone
You can go.
Cause you're a lie lie
Lie, lie
All my faith has been wasted, wasted
Cause you're a lie lie
Lie, lie

Tutto sommato va bene. Ci si abitua a tutto.

Le cose migliori dell'amore accadono per caso, 
si capiscono dopo.
Erri De Luca

L'autografo di De Luca è giunto puntuale così come quella torta che non ho preparato ma che ho fatto preparare. Assieme a quel piccolo pensiero a cui tenevo proprio oggi ho iniziato a fare un passo in avanti, piccolino, nulla di eclatante, ma mi fa dire con più sicurezza "Sei una fotografa", niente compensi, non ancora, per quanto siano prossimi, quanto piuttosto il semplice atto di compilare due moduli, due iscrizioni che reputo importanti per potermi lanciare senza paracadute alcuno verso quello che al momento mi sembra l'unica via di fuga dalla realtà, certo la scrittura rimarrà sempre il mio primo vero amore, ma ad essa si è aggiunta da un po' di anni la necessità di andare oltre, di forzare il limite della ragione lasciando che una storia venga fuori anche solo tramite qualche immagine, scatti che raccontano. Difficile, lo ammetto, spesso la mia autocritica mi fa dire "No, non mi dice nulla questo scatto" eppure poi finisce che quello stesso scatto ad altri racconta quello che poi volevi raccontare, ma che non vedi impresso. La fotografia è anche questo. Da oggi, quindi, si inizia a fare sul serio. Piccoli passettini ancora un po' incerti, traballanti come quelli di un bambino che sta imparando a camminare da pochissimo e che ancora inciampa e cade, ma che ha anche la forza di tirare su col naso e rimettersi di nuovo in piedi. Forza. Quella che sento ancora mancante in buona percentuale, ma che sto cercando di recuperare senza strafare. 
La citazione scelta di De Luca è una delle tante che mi piacciono, ma racchiude anche una speranza malsana, la mia speranza malsana, un po' come un Don Chishotte in gonnella che lotta contro i mulini a vento. Sì, da tempo immemore mi sento proprio come Don Chishotte, ma nonostante tutto, apprezzo di lui la forza di volontà che gli ha permesso di andare avanti. Quella speranza, la speranza che la comprensione venga dopo, pur essendo pienamente consapevole dell'irrealtà della cosa, della concretezza di quanto ciò non sia proprio possibile in nessuna percentuale, nemmeno la 0.00001%, non c'è alcun numerino sono solo zeri, eppure la speranza malsana rimane attiva, un po' come il mio essermi data una scadenza, ok, lo ammetto, per certi versi quella scadenza mi è comoda, allontana i Proci indesiderati, ma d'altra parte realmente in me vive quella speranza che mi fa desiderare la favola, sì, perché mio malgrado ho assaporato la favola, la stessa che, a conti fatti, non è mai stata, a questo punto realistica, eppure... Eppure c'era, l'ho percepita, l'ho vissuta come tale e me ne sono inebriata a tal punto da non riuscire ad andare totalmente avanti, non ancora, senza quell'ultimo appiglio, senza quella voglia che mi fa dire "Potrebbe rendersi conto che ha sbagliato, che ha avuto paura!". Me la racconto, lo so io e lo sapete voi che mi leggete, ma che posso dire? Affermare: "Io non lo amo più" sarebbe una bugia abominevole ed io non sono proprio capace di mentire. Certo ho avuto una miriade di primi appuntamenti, una miriade di occasioni, di nuove conoscenze, ma erano lì appese, inutili. Vuote dimostrazioni fine a se stesse che potevo farcela, ma dentro, dentro non ce la facevo, non ce la faccio. Ci provo, per carità, ci provo ancora di tanto in tanto, in maniera molto più sporadica, alla fine dedicare tempo alle conoscenze me lo leva per qualcosa a cui realmente posso dare ben più attenzione di quanto un paio di ore in compagnia di qualcuno di cui non mi importa assolutamente nulla e di cui so già a primo acchito, non mi importerà in futuro, non mi va. E ancora una volta voli pindarici, parole che si perdono e concetti che si mescolano tra di loro, positività e negatività. Dualismi. Quegli stessi dualismi che lo avvicinarono, ma che non sono, poi, serviti a farlo restare. Sparito. Assente. Estraneo. Testardamente convinto di essere nel giusto e quindi impossibile da esaudire quella malsana speranza. E poi la quasi conferma di chi mi viene dietro, ma che distruggerei perché sono oramai bruciata e distrutta, rabbiosa verso chiunque può interessarsi a me. Nera. Oscura. Morta come quei fiori che devo andare a ritirare prima di iniziare l'ennesimo progetto fotografico. Fiori morti per abbellire una persona morta (me). Mi ha ucciso l'amore, mi ha ucciso un treno preso senza pensarci poi troppo, mi ha ucciso quell'incoscienza, quell'abbattere barriere e muri che sino ad allora mi aveva protetta dalle intrusioni. Sono morta e no, non sono una fenice, io non risorgo, non più. Non amerò tanto facilmente, non mi fiderò più, lo faccio già. Diffido delle parole, dei complimenti, delle voglie, dei desideri, diffido dei gesti, diffido di chiunque e di me stessa. Mi castro. Mi censuro. Viene facile essendo totalmente vuota. Svuotata e abbandonata. Sorrido di più, piango di meno in maniera concreta, ma il pensiero resta immutato, non si spegne, come quelle dita che vorrebbero scrivere, eppure, una volta attivate, una volta deciso di saltare il fossato, mi abbandonano. L'anima è fuggita via. Spaventata dimora lontana da me, esiliata, picchiata, umiliata, isolata. 
Tutto sommato va bene. Ci si abitua a tutto. 

martedì 17 novembre 2015

Opinioni di chi sa di non sapere

(Foto di mia proprietà - Serie bambole)
Senza volerlo, e lo giuro, non volevo e non era mia intenzione, ho risvegliato i destroidi miei amici e/o conoscenti su di un social. Ho solo posto una considerazione, paradossalmente lì dove di solito non condivido che il minimo indispensabile. Ed ecco venirsi a creare un putiferio di fascistoni convinti che a violenza si risponde con violenza, gli stessi che poi la domenica professano il verbo di un Dio che, se non ricordo male, diceva di porre l'altra guancia ad uno schiaffo ricevuto e no di rispondere con uno schiaffo a nostra volta. La mia opinione naturalmente è una goccia in un oceano intero, ma resta la mia opinione, una opinione informata, o almeno ho cercato di informarmi per quello a me concesso, interesse e voglia di farlo, sia chiaro, non sono la saputella di turno che sa per filo e per segno cosa stia accadendo, non lo so e sono la prima ad asserire di essere abbastanza menefreghista su questo argomento come su quasi tutto il resto, ma ho imparato sin troppo presto quanto l'informazione sia sotto il dominio di potenze ben più grandi, le stesse potenze che noi, pecorelle abbiamo eletto. Quindi no, se mi si chiede se ho una soluzione differente dall'imbracciare un fucile e inneggiare una guerra, non ne ho, ma so che con una risposta violenta non si ottiene la pace. La storia insegna che ad ogni guerra ne è susseguita un'altra e dopo un'altra e un'altra ancora. Lì dove, come ho spiegato abbondantemente sul social nella speranza che le menti si aprissero, il Dio Danaro e il Dio Petrolio fanno gola da sempre a chi ha subito i minimi danni (e con ciò non dico che il centinaio di morti di Parigi siano giustificabili, lungi da me asserire una stronzata simile, sono la prima che se ne dispiace) e non solo. Attaccare un posto X per partito preso, fregandosene delle guerre civili in atto da anni oramai, dove ogni giorno muoiono non cento e passa persone ma migliaia di padri, figli, sorelle, fratelli, madri e chi più ne ha più ne metta, li dove ha avuto origine quella maledetta scissione dove più gruppi professano il credo di un Dio simile ma altresì così differente, non può di certo portare alla pace o all'esaudire una vendetta che sono certa non vogliono le famiglie dei caduti che l'altro ieri erano in giro a passeggiare, in un ristorante a mangiare o ad un concerto, l'attacco che c'è stato la scorsa notte (vista l'ora attuale) in posti dove si PRESUME vi siano stati basi e quartier generale dei terroristi fedeli all'Isis (vi invito a dare un'occhiata, se non lo avete fatto, ad un video pubblico che gira su Facebook da qualche giorno: 


giusto per aiutarvi a capire che Isis non sta a dire un luogo fisico pieno di cattivoni invasati, quanto una piccola parte di invasati che ha iniziato una guerra interna basando la propria pazzia come taluni Cristiani (esaltati) hanno fatto in passato in varie zone del Mondo, insomma una storia che si ripete come la storia in genere). Quel presume in maiuscolo la dice lunga su quanto l'attacco, dal mio modesto parere, parere di chi come disse il grande Socrate "sa di non sapere", è basato praticamente sul nulla. Ipotesi e congetture. Per non parlare delle foto dei missili con la scritti "From Paris with love", false come una monetina da un euro e cinquanta per intenderci, ma che riempiono le home del social (Fb, twitter etc) manco fosse doveroso sottolineare una cosa che ci han piazzato li tutte le più grandi testate giornalistiche. Il mio interesse tuttavia si è risvegliato nel considerare l'alleanza venutasi a creare tra Stati Uniti e Francia, guarda un pochetto proprio le due grandi nazioni che hanno fatto promesse (vedetevi il video linkato) e che non le hanno poi mantenute. L'attenzione poi si va a spostare su quanto è accaduto ventiquattro ore prima degli attentati a Parigi, di Beirut non ne ha parlato nessuno, una notizia che è passata sottobanco, irrilevante, non ci appartiene, non ci interessa vero? E invece no. Chi se ne frega di quelli lì che da più di un decennio sono sotto assedio? Fa più gola per i giornali parlare di ragazzi europei che si stavano godendo un venerdì sera piuttosto che di 45 morti e più di duecento feriti, tanto lì muoiono spesso e quotidianamente.
Personalmente incolpo la nostra cecità, il nostro voler vedere solo quello che ci è più vicino e il fregarcene di cosa accade dietro le quinte di un teatrino costruito ad arte da chi detiene il potere assoluto, ma noi da brave caprette giustamente che possiamo fare? Nulla, a parte indignarci non possiamo fare nulla. E non mi venite a dire "vogliamo la guerra" stile Miss Italia 2015, perché poi non ne sopportereste il peso. Se quei fori di proiettili mi hanno inquietato in Bosnia, se voi stessi avete trattenuto il fiato nello seguire passo passo venerdì sera quello che è accaduto a Parigi abbiate il coraggio di mordervi la lingua e di legarvi le ditine belle che avete perché inneggiare una guerra non porta a nulla di più se non morte. Morte e morte. Né più né meno di quello. E lì vi viene in mente la fatidica domanda: "E allora tu cosa proponi di fare?". Io che non sono nessuno penso che le promesse vadano mantenute, abbiamo promesso quella terra? Date loro la terra, gestissero loro quel posto, gestissero loro il Dio petrolio, aiutiamo i Siriani che non c'entrano nulla con gli esaltati militanti dell'isis a riprendersi la propria vita, volete la guerra? Aiutate loro. Coi mezzi tecnologici a nostra disposizione si può trovare l'ago nel pagliaio figuriamoci questi maledetti invasati. Se hanno trovato Osama bin Laden volete che non sappiano dove sono questi tizi? Lo sanno, fidatevi, loro lo sanno, quindi non sta a me trovare una soluzione. Sbaglio o paghiamo le tasse affinché loro trovino piani atti alla risoluzione dei problemi?. La mia l'ho detta ora sta a voi crearvi la vostra opinione. Riposino in pace i parigini e non uccisi, ma anche tutti i siriani e palestinesi massacrati per il vile danaro che fa troppa gola. Ora lapidatemi pure, ci sono abituata.

domenica 15 novembre 2015

Lacrime nere

(Foto di mia proprietà - Serie bambole)
Avrei cosi tanto da scrivere, ma le parole sono lì, bloccate, frenetiche, accalcate. Dissipare la matassa che si è creata mi porta solo a mescolarle ancora di più, un po' come quando vogliamo sbrogliare le cuffiette del lettore mp3 o dello smartphone. Ho pensato tanto in questi giorni, la nebbia e l'umidità mi hanno portato pensieri e preoccupazioni, ansie riguardanti chi non mi è mai appartenuto e che non deve più essere una mia preoccupazione. Quello che è accaduto a Parigi, ha aperto il vaso di Pandora, altri pensieri si sono creati e affollati, mescolati, ingarbugliati a quelli che già non riuscivo a gestire. Ammetto che ai pensieri si sono aggiunti anche i ricordi, parole e frasi che mi son state dette, oramai, tempo fa, troppo tempo fa, prive di valore oramai, vuote parole prive di significato con il senso del poi. Pensieri che sono stata io ad elaborare questa volta, non che ne avessi bisogno in realtà, sono sempre stata sicura di quello che ho provato, non ho mai vacillato coi sentimenti, io non ho provato solo emozione. Ho amato. Amato veramente in maniera incondizionata, senza remore. Ho amato i pregi ma ancor di più i difetti. Quelli, per quanto mi facessero impazzire, li mantengo vivi ancor oggi gelosamente, sono miei, erano scaturiti da me, tutto sommato erano per me, rivolti solo a me. 
Probabilmente l'unica cosa che dovrei smettere di fare è preoccuparmi per chi non c'è e iniziare a preoccuparmi di chi c'è, ci sarà, ma ancora fatico a lasciare andare via per la propria strada chi, purtroppo, rimane il mio pensiero costante. Ed eccomi nuovamente a tirar fuori come un prestigiatore dal suo cappello magico parole e pensieri che appaiono incoerenti. Eccoli di nuovo ad affollarsi nella mente ed ecco le lacrimucce riempirmi gli occhi. "Se fosse il tuo ultimo giorno con chi lo vorresti passare?" la mia risposta era e resta sempre la stessa a differenza di chi se l'è posta prima di me, un anno fa oramai e che con molta probabilità è mutata, non do per scontato non fosse reale all'epoca, ma ad oggi... Oggi non è praticamente possibile che sia la medesima, ma è giusto cosi, è coerente con quello che non c'è mai stato in fin dei conti. Eppure dovrei smetterla io di essere coerente, andare veramente avanti e non fingere solamente. Fosse facile, ma non lo è, non che qualcuno mi abbia detto il contrario, nessuno ha mai affermato lo fosse, facile, intendo, eppure, se solo fosse più facile, se solo non ci fosse la nebbia e l'umidità a farmi preoccupare per i suoi mal di testa, se solo non ci fosse un evento catastrofico come quello capitato a Parigi, non penserei a chi vorrei al mio fianco se fossero gli ultimi attimi della mia vita. E poi... Poi penso a una cosa letta qualche tempo fa, questa qui:

"Nessuno parla più di te; sembra essere arrivato quel momento in cui tutti pensano che non valga più la pena affrontare l’argomento con me. Nessuno mi chiede più “l’hai sentito?” o “l’hai più visto?” perché tutti danno per scontato che non sia così e forse è meglio, perché forse sarebbe imbarazzante dimostrare a tutti che a volte ti amo ancora. A volte, dico, solo a volte. Però mi dispiace, anche se mi piace la sensazione che si prova a essere obbligata a non pronunciare il tuo nome. Mi dispiace che il mondo abbia deciso che non sia più il mio momento di piangere per te. Io di lacrime da sprecare ne avevo ancora un po’ e di parole da dedicarti ne avevo ancora parecchie, non tutte gentili, certo, ma tutte per te.Susanna Casciani

In effetti più nessuno mi chiede di lui da un po' di tempo oramai, danno tutti per scontato che mi sia passata ed io non faccio nulla per far comprendere che tanto passata non lo sia, far preoccupare gli altri non è nella mia indole, penso sempre più agli altri di quanto possa pensare prima a me stessa, sono fatta cosi e non penso che alla ma età si possa più cambiare, eppure ieri notte l'ho tirato fuori, ne ho parlato. Le parole si sono confuse come i concetti, ma alla base sempre amore e giustificazioni. Dubbi e perplessità. Caos totale di parole ed emozioni. Un po' come quando mi hanno chiesto quante lune devono passare ancora prima di potermi definire libera. Sono tredici, ma è un palliativo anche quello, me la sto raccontando per darmi la forza sufficiente a vivere come meglio posso. Di lune ne saranno passate nove prossimamente saranno dieci, la mia data di scadenza coincide con l'anno. Un anno intero di speranza, un anno intero di attesa. Un anno di bugie, un anno di nulla, un anno di dolore, ma ne parlerò allo scadere di quel giorno, ora sarebbe tutto molto buttato li alla rinfusa. Silente la speranza di non arrivarci a quell'anno. Muta, ma non troppo, la speranza che Ulisse torni da Penelope, ma si sa, la vita vera è diversa da quello che si legge nei libri. Esco. Non ho più voglia di stare qui. Le parole e i pensieri sono troppo aggrovigliati. Non li so più gestire.

venerdì 13 novembre 2015

Vita al condizionale

(Foto di mia proprietà -  Serie bambole)
La mia incapacità di sapere al momento cosa voglio si palesa ogni giorno di più anche nelle piccole cose che un tempo avrei fatto senza pensarci poi troppo. Un po' come il non sapere se stasera dovrò o meno uscire con annesso sapere di averne o meno voglia. Cercare o essere cercati? Ecco li l'inghippo. Il tranello. Il dubbio amletico e la totale assenza di senso di importanza. Praticamente da quando vivo con l'interruttore sull'ON della vita al condizionale, non me ne importa niente di nulla e nessuno, di uscire, di mettermi in tiro, di ricordarmi di fare le cose per tempo, di essere puntuale, di piacere. Dio ce ne scampi, piuttosto mi presento tutta... tutta... arruffata e svogliata a qualsivoglia appuntamento, non perché non potrebbe interessarmi la persona X di turno quanto piuttosto per un menefreghismo e una stanchezza totale che mi pervadono e mi spingono a dire un bel "Macchissene..." quindi ho deciso di fare la gnorri di turno, non cerco, non chiedo, prendo se mi vien dato, ma alla fine non do nulla più di quello che mi viene istintivo dare. Se da un lato rifuggo chi mi cerca costantemente dall'altro vorrei essere cercata, ma alla fine ritornerei al punto precedente e tornerei a fuggire. Loop perpetuo di un fancazzismo privo di emozioni. Chiusura. Menefreghismo. Condizionale. 
Potrebbe interessarmi.
Potrei innamorarmi.
Potrei se volessi.
Potrebbe cancellarlo.
Sì, potrei, potrebbe, ma intanto resto qui, con una montagna di cose da fare senza farne alcuna. Ascolto la musica, organizzo le foto per ammazzare il tempo con la stessa svogliatezza con la quale mi vesto la mattina. Vivo e tanto basta. Ci sono e non ci sono. Come una bambola dal capo decapitato lascio che la chioma celi tutto. Indifferente.

venerdì 6 novembre 2015

Una sciarpa arancione e una domanda costante.

Soulmate (anima gemella)
Significato: Una persona con la quale hai un’immediata connessione nel momento in cui la incontri – un’esperienza mai vissuta prima. Mentre questa connessione cresce nel tempo, provi un amore così profondo, forte e complesso, che inizi a dubitare di aver mai amato veramente qualcuno prima di questa persona. La tua soulmate ti capisce e si connette con te in ogni modo su ogni livello, il che ti porta un senso di pace, di calma e di felicità quando siete insieme. E quando non lo siete, ti rendi conto di più delle difficoltà della vita, di come legare con quella persona sia la cosa più significativa e soddisfacente che ti sia successa. Sei anche più consapevole della bellezza della vita, perché ti è stato fatto un dono e ne sarai sempre riconoscente.
(tratto dal web)

Cosa succede se la tua Soulmate viene meno? Quando la tua Soulmate non sente quello che senti tu? Cosa succede se perdi quello stato di pace e di grazia divina? Muori, sì, muori dentro, ti rinsecchisci come una prugna lasciata a marcire nel cestino e non desiderata, quindi mangiata, da nessuno. Muore qualcosa dentro, ti ritrovi arida, secca, priva di emozioni, accogli qualunque cosa, ma in realtà le scosse che puoi percepire non sono che un flebile ritorno, una eco senza senso, talmente inutili da essere irrimediabilmente accantonabili. Eppure persisti, non ricerchi più quelle stesse emozioni perdute, non sei cosi folle da desiderare qualcosa che sai sin troppo bene non sarà mai più com'era, non con chi ti ha creato quel senso di pace e ti donava calma assoluta semplicemente respirandoci assieme in assoluto silenzio. No, non lo ritroverai mai, forse, e sottolineo il forse, se sarai fortunata lo troverai di nuovo ma in una forma diversa, però persisti, non ti precludi nulla, nemmeno il più piccolo barlume di speranza, sì proprio speranza. Tu, tu che hai dichiarato più volte che hai abbandonato alle tue spalle la speranza eccoti li a sperare tuo malgrado e farti pensare come in un mantra senza fine: "Dove sei? Dove sei? Dove sei?".
Ma non ti è dato conoscere la risposta a quella domanda, non hai il dono della veggenza, non prevedi il futuro, non fai sogni che ti palesano quel che sarà e vai avanti lasciando che il condizionale sia la forma verbale più adatta alla tua vita. E partono quindi le filippiche date dai "Vedremo", "Se sarà", "Se succederà", "Lo scopriremo". Certo, ma poi in realtà non ci credi nemmeno troppo, puntualmente ritorni a fare paragoni dopo nove fottuti mesi quel "Dove sei?" ha un soggetto sottinteso ai più ma non a te, tu sai a chi vorresti urlarlo, tu sai a chi è rivolto, chi è il destinatario. Tu sai ma fingi. Menti anche a te stessa per farti forza. E poi? Poi crolli come un castello di carte instabile. Crolli su una canzone, crolli su una parola letta, crolli su un paio di ciabattine antiscivolo trovate nella scarpiera, crolli per colpa di una sciarpa arancione trovata nell'armadio ben imbustata perché non si sa mai che si vada a rovinare. Ed eccola li l'emozione, ecco le lacrime affiorare, hai tolto di nuovo la crosticina dalla ferita con le unghie, lasci che il sangue scorra nuovamente vivo, brucia, ma quanto sei stata peggio senza quel dolore oramai famigliare?

Song di sottofondo: Mi manchi di Mina

Shopping e complimenti (sgraditi)


Stamani nonostante il raffreddore e la tosse odiosissimi come un bel po' di spilli dritti sul culo, mi sono ritrovata a girare in lungo e largo, nelle orecchie musica impostata a random, senza scalette predefinite, non ne avevo bisogno, ogni cosa mi sarebbe andata bene pur di escludermi dal brusio delle persone. Mi sono fermata a comprare un po' di intimo, con un cane per casa mi ritrovo puntualmente ad avere meno reggiseni e mutandine di quanti ne potrei avere se lui non ci fosse. Ho scelto con cura i modelli, manco dovessi fare da modella per Victoria Secret, ma oh tra i miei vizi da donna compare proprio l'intimo, quindi anche per uno slippino comodo per tutti i giorni ci impiego più di dieci minuti per scegliere quello che poi andrò ad acquistare. Il commesso mi osservava, non si è avvicinato e non ha rotto come fanno di solito, figuriamoci, in quel frangente non sono mai insicura. So cosa mi dona, so cosa è comodo e so già a priori cosa voglio. Al momento del pagare la merce mi fa:
Commesso: "Signorina si prepara per i momenti bui?"


La mia espressione palesava chiaramente un bel vaffanculo senza mezzi termini, ma ho preferito rispondere in maniera acida con la verità:
Io: "Ho un cane che ama l'intimo femminile, gli piace strapparlo"


Ok, ammetto che detta così, uno malizioso avrebbe potuto pensare chissà cosa, ma do per buono che la risposta arrivata poco dopo sia per una presa in considerazione della frase per quello che era:
Commesso: "Non lo sa che costano?"

Ho fatto spallucce, pagato e me ne sono andata. Per strada ho beccato uno senegalese che mi ha fermata proprio mentre stavo canticchiando a labbra strette un pezzo rock che mi stava risuonando nelle orecchie, ho tolto le cuffiette per capire che cosa volesse:
Senegalese: "Ciao, lo sai che sei proprio bella?"
Ho sospirato, uno di quei sospiri misti di rotture di palle, noia ed esasperazione con annesso sguardo che punta verso il cielo.
Io: "Ma dove? (voce da trans) sono tutta raffreddata e influenzata"
Senegalese: "Sì, tu. Sei di qui?"
Ho annuito a mi sono messa a vedere le borse che aveva sulla bancarellina, ne ho comprata una per mia sorella, giusto per non apparire la stronza di turno snob e poco affine al credere ai falsi complimenti atti solo all'abbordaggio per il puro gusto di rifilare merce. Finalmente a casa, ritorno a vedere i completini presi, il cane li osserva, lo ammonisco e mentalmente gli dico che deve essere qualcun altro a strapparmeli non lui. Prima o poi naturalmente, per ora evito di lasciare il cassetto della biancheria intima aperta, tanto per far risparmio, perché ogni volta è un salasso.

giovedì 5 novembre 2015

Mal di testa e influenza più deliri vari

«Il dolore è passato. La vita lo ha trasformato in qualcos’altro; dopo averlo provato, dopo aver singhiozzato, lo si nasconde agli occhi del mondo come una mummia da custodire nel padiglione funerario dei ricordi. Passa anche il dolore provocato dall’amore, non credere. Rimane il lutto, una specie di cerimonia ufficiale della memoria. Il dolore era altro: era urlo animalesco, anche quando stava in silenzio. È così che urlano le bestie selvatiche quando non comprendono qualcosa nel mondo – la luce delle stelle o gli odori estranei – e cominciano ad avere paura e ululare. Il lutto è già un dare senso, una ragione e una pratica. Ma il dolore un giorno si trasforma, la vanità e il risentimento insiti nella mancanza si prosciugano al fuoco purgatoriale della sofferenza, e rimane il ricordo, che può essere maneggiato, addomesticato, riposto da qualche parte. È quel che accade ad ogni idea e passione umane».
Sándor Marái “Il gabbiano”

E mi ritrovo ad ascoltare la "sua" stazione radio preferita, non mi andava di vedere un film, di leggere o scrivere, non mi andava di mettere ordine tra le foto stampate per crearne dei piccoli reportage e non mi andava nemmeno di studiarmi il prossimo reportage, ho un mal di testa tremendo causato dall'influenza, niente febbre, solo tosse e raffreddore fortissimo. Probabilmente non avrei dovuto nemmeno metter su la musica, il mal di testa è rimasto costantemente fastidioso lì nello stesso posto, fermo come quei ricordi che non se ne andranno mai, non come il dolore emotivo che come ben scrive Marái d'un tratto si trasforma semplicemente in ricordo e i ricordi sono più malleabili, gestibili, usabili a proprio vantaggio o svantaggio a seconda dell'occorrenza, certo delle volte possiamo pensare che stiano prendendo il sopravvento, ma non è cosi. Gli occhi sono aridi, il vuoto creatomi divora tutto dentro, non sento più nulla, assolutamente nulla se non quel martellare le tempie e la musica che scorre dritta nelle orecchie tramite le cuffiette ma che, comunque, nemmeno sto ascoltando veramente, un semplice diversivo per non sentire il silenzio o la cacofonia dei rumori circostanti. Le domande ho imparato a zittirle, ad accantonarle, a riporle lontano, alla fine è stato semplice, mi è bastato tornare al preferire la censura, il silenzio verbale iscritto e mentale, mi è bastato concentrarmi su altro, qualunque cosa fosse quell'altro, entità colma di una miriade di significati e significanti, per mettere a tacere tutto quello che andava taciuto. 
Apprezzo quello che Emil Cioran ha scritto nei suoi "Sillogismi dell’amarezza": "Noi amiamo sempre… malgrado tutto; e questo “malgrado tutto” copre un infinito". Vero, lo condivido, si ama sempre... malgrado tutto, ma nonostante quel malgrado tutto, siamo in grado di alzarci le maniche e per noi stessi, per l'amore verso noi stessi, andare avanti, nonostante le difficoltà iniziali, nonostante la difficoltà nel cancellarsi dal luogo che vi ha fatto incrociare, nonostante quei ricordi, nonostante il pensiero costante (rimuovibile con un po' di sforzo), nonostante la presenza dell'assenza, nonostante lo stomaco che brucia, la rabbia, l'amore, la tristezza, l'incoerenza, la delusione, nonostante la consapevolezza, si torna a sorridere per delle sciocchezze.

lunedì 2 novembre 2015

Promesse mantenute e da mantenere.

«Di questo per me si tratta, di essere il resto di alcune persone,
 delle loro sottrazioni. Porto il vuoto che mi hanno lasciato».
Erri De Luca, “Non ora, non qui”

Lo ammetto, non vedo l'ora di avere tra le mani l'autografo con dedica fattomi da De Luca, ok, non gliel'ho chiesto io di persona, perché  dovevo lavorare, perché sono influenzata, perché... Perché... La giustificazione non è il mio forte, ma D. merita una torta con i fiocchi per essere riuscito lì dove io ho fallito. Mi ha tirato su portandomi in giro a far foto, mi ha spronato a scattare e partecipare ai contest, mi fa sorridere, mi è amico pur non essendolo realmente, e ora questo piccolo dono. Un regalo fatto senza secondi fini, per il semplice gusto e piacere di rendere felice me. Il collante, il clown, l'uomo che spronerebbe un sasso con la sua gentilezza mi ha rallegrato queste giornate in cui la gola mi fa male, la testa vaga sotto quel tappeto usato e logoro sotto cui non ci sta più nulla. Lui non mi ha reso un  resto, per lui sono una somma, una totalità, un essere umano degno di fiducia, amicizia e perché no? Degna di un sorriso, nonché "sfornatrice" di torte per autografi di scrittori che mi stanno a cuore. Di quegli scrittori che riempiono quel vuoto creatomi da chi mi ha lasciato. E vado avanti con un sorriso meno blando sulle labbra e qualche colpo di tosse. Ho freddo, ma posso gestire la mancanza e la voglia di braccia che non ci saranno più, che non ci sono, in realtà, mai state veramente.