giovedì 30 aprile 2015

Silenziosamente, continuiamo a vivere.

«Così continuiamo a vivere la nostra vita, pensai. Segnati da perdite profonde e definitive, derubati delle cose per noi più preziose, trasformati in persone diverse che di sé conservano solo lo strato esterno della pelle; tuttavia, silenziosamente, continuiamo a vivere».
Murakami Haruki


Silenziosamente continuo a vivere, i secondi, i minuti, le ore e le giornate si susseguono in un crescente di nulla o di tutto. Che Murakami sia uno dei miei Guru letterari, lo hanno capito anche le mura che mi circondano. Lo capirebbe chiunque scorgendone le citazioni, le condivisioni o udendo il cuore che palpita più frenetico quando mi ritrovo a perdermi nei suoi libri. Nella disarmante semplicità delle parole elabora e intreccia storie pregne di significati e significanti. Nelle sue parole ho ritrovato un sorriso, una lacrima o semplicemente un po' di me. Ed anche questa volta non posso che annuire con il capo e ritrovarmi concorde con quanto ho, poco sopra, citato. Si continua a vivere, nonostante le perdite profonde e definitive, il vuoto da esse create, nonostante l'esser stati derubati di qualcosa a noi caro, a cui evito di dare un nome o una categoria ben specifica, perché può essere realmente tutto e nulla a seconda della gravità della sottrazione. Si muta e si rinasce a piccoli passi. Come una fenice dall'orrore della deturpazione delle fiamme che volevano estinguerla, noi stessi ci ritroviamo a sollevarci e ad andare avanti. Faticando in principio anche ad alzarci dal letto la mattina, quello stesso letto che ci ha visti rigirarci costantemente in pena e con gli occhi sbarrati. Quello stesso letto che ha scorto le occhiaie nere affossarci gli occhi, questi ultimi protagonisti silenziosi di lacrime che parevano non avere più fine, smorzate dalla morbidezza di un cuscino nuovo a cui ci si è aggrappati memori di abbracci asfissianti ma delicatamente veri. Nel sonno le persone si rivelano per quelle che sono. Disarmate e nude da tutte le maschere e le armi con le quali girano di giorno. Di notte, abbandonati tra le braccia di Morfeo, torniamo ad essere sempre e solo noi, un noi che i più e noi stessi, non conosciamo mai fino in fondo, ma che chi ha la pazienza di osservare scruta impaziente e avido in ogni minimo particolare. I grovigli di lenzuola tra le gambe, la bocca lievemente dischiusa, qualche borbottio sommesso o uno sbuffo di aria che ricorda l'urlo di un'anima in pena che tramite il respiro vuole venire fuori dalla sua prigione. Immagini si sovrastano, ma tra queste solo una resta immutata. Quel fanciullo delicato e puro che dorme sereno, perso in un sonno ristoratore. Un sonno che, notte dopo notte, caccia via chi si è voluto apparire per lasciare spazio a chi si è, a chi nascondiamo sotto chili di cerone incolore.

lunedì 27 aprile 2015

Stabilità nell'oscuro nulla

Il periodo che sto vivendo è un casino assurdo. Dolori di varia natura vanno a scontrarsi. Conoscenze interessanti vengono accantonate, estinte come fuocherelli di campo atti solo a preparare un cibo precotto per poi essere insabbiato e nascosto, nessuna traccia. Assenza di emozioni differenti. Mi accendo e mi spengo in un battito di ciglia, sorrido e poi mi rabbuio. Non è lunaticità, non avrebbe senso. Rassegnazione nemmeno. Menefreghismo forse un po', almeno per determinate cose. Stanchezza, quella in abbondanza. Fame ma pigrizia. Freddo e caldo. Dualismi in parte. Consapevolezza. Conoscenza o semplice bisogno di accantonare in una rimozione forzata quello che mi distrugge. Condizioni instabile. La falce è irta sul capo coperto, nero come la pece. Vuoti a non finire. Assenze dimenticate (ci si prova a fingere che sia cosi, ci si costringe a farlo per respirare). Silenzio. Parole perdute. Emozioni abbandonate. Armi abbandonate sul selciato. Mi immergo nella vita senza strafare, la complico, me la brucio costantemente, me ne frego. Ricreo la scorza e le mura spinate. Isso macigno su macigno senza fretta. Mi incattivisco. Ne approfitto. Vomito benessere inesistente. Rido falsamente. Moine e belletti. Trucchi e maschere. Va tutto bene. Sì, va tutto bene in questa stabilità nell'oscuro nulla.

Citazione Simona Oberhammer+Considerazione Personale

CERCARE L'AMORE NEL POSTO SBAGLIATO
Ci sono donne che fanno un errore pericoloso: cercano l'amore al di fuori di se stesse. Passano da un uomo all'altro, elemosinando amore ad ogni nuova storia. Sono disponibili a relazioni che non rispettano la loro integrità, in cambio di briciole. Si accontentano di storie di seconda mano e soddisfano la loro fame di amore con gli avanzi. Concedono troppo, con il risultato di rimanere a mani vuote.
Queste donne cercano fuori di sé cibo che nutra il loro bisogno di amore, dimenticando che la ricerca deve cominciare prima di tutto all'interno di sé. Nessuno può darci amore se prima non abbiamo sviluppato l'amore per noi stesse. Se siamo vuote e affamate dentro troveremo solo il vuoto fuori…
Simona Oberhammer - La Via Femminile


Oserei dire che ci sono anche uomini che cercano disperatamente l'amore in ogni donna che incrocia il loro sguardo nella speranza di poter trovare chi gli scuoterà l'anima. Penso sia sbagliato dire che sono solo le donne che si aggrappano ad ogni singolo frammento di attenzione per sentirsi riempire, momentaneamente di fuochi fatui che cosi come nascono, muoiono. Anche gli uomini hanno la capacità di commettere i medesimi errori, giocando, illudendo e ferendo chi magari i sentimenti li ha, suo malgrado, messi in gioco, chi ci ha creduto, ma c'è anche l'altro lato della medaglia, donne che se ne approfittano di questi uomini all'apparenza duri e sicuri, ma che celano animo fragile. Conoscersi sarebbe il primo passo per qualunque essere umano prima di invischiarsi in relazioni che comportano illusioni, speranze o futuri non esistenti. Parere personale di chi non è altro che un essere pensante, ma che ha il coraggio di essere brutalmente veritiera sin da subito cosi da evitare, quando è possibile, inutili illusioni. 

giovedì 23 aprile 2015

Lettera a mia nonna.

Ischemia intestinale.
Questa la causa. Questa la sentenza. Questa la spada di Damocle sulla tua testa. Non vogliono dirtelo, nessuno vuole darti quest'ulteriore peso da sopportare. Piango nonna, sto piangendo perché so cosa comporta alla tua età sapere che non puoi essere operata, basterebbe un semplice intervento di routine per poter vivere un po' di più. Basterebbe se tu non avessi 85 anni, ma purtroppo l'età della saggezza non aiuta, non in questo caso, e la scienza lo sai, va avanti troppo lentamente. Come me anche tu hai dovuto sopportare il peso del Diabete, da te l'ho ereditato, e so perfettamente cosa hai dovuto sopportare, anzi per te è stato peggio. Tu eri madre, avevi anche altri problemi ben più gravi di quelli che affliggono me alla tua età. Dovevi badare alla tua famiglia, lavorare, cucinare e non potevi permetterti di perire sotto la batosta della scoperta della malattia. A testa alta sei andata avanti. Hai lottato nonna, e adesso? Adesso ti stai lasciando andare. Adesso non ce la fai più, lo capisco ma non lo accetto nonna. Non riesco ad accettarlo. Non voglio accettarlo. Tu sei una combattente, me lo hai insegnato tu a combattere, a trattenere le lacrime davanti ad un dolore forte o a liberarle come un fiume in piena quando l'anima rischia di annegarvi. Non so se sia giusto o meno tacerti la sentenza. Io te lo direi, credo sia giusto darti la possibilità di lottare ancora una volta, nonostante il dolore emotivo e fisico che questa maledetta necrosi allo stomaco ti sta creando. So che una parte di te probabilmente accetterebbe la sentenza, quella signora in nero con la falce pronta a prendere la tua mano rugosa per condurti tra le braccia dell'unico uomo che hai amato e ancora ami come il primo giorno che l'hai conosciuto. Lo so che ti manca il nonno, ma egoisticamente vorrei che tu stessi ancora un po' qui vicino a noi. Lo so che non mi vedrai laurearmi, perché probabilmente non mi laurerò mai. Non mi vedrai sposata, perché non ho intenzione di farlo e soprattutto perché gli uomini come il nonno si sono estinti. Non mi vedrai mai divenire madre e non potrai cingere tra le tue braccia forti quel nipotino che tratteresti come un figlio, un po' come fai con K, che quando lo vedi gli dai sempre un po' di formaggio o di pane, perché anche se è un cane sai che per me è come se fosse il mio bambino.
Devi lottare nonna, non voglio perdere anche te. Non adesso te ne prego. Resisti ancora un po'.
Ti voglio bene nonna, te lo scrivo qui dove non lo leggerai mai, io che non sono capace di dirtelo a voce, ma che con i miei baci e i miei abbracci te lo dimostro come meglio posso.
Lotta nonna. 
DEVI lottare!

Quando Ritornerai - Tiziano Ferro


Quando ritornerai
Dimmi quando potrò vederti
Quando sarai con me
Dimmi quando
Dimmi se
In te vivo anche un pò
Oppure no
Dimmi di te
Quando la notte sei sola e non dormi mai
Quando ritornerai
E quando, o sarai sempre lontana
Quando ritornai
Dimmi solo se, soltanto se, ancora se ci sei soltanto
Quante volte ho cercato un perchè
Quante lacrime non mi hai lasciato piangere
Quante volte ti ho cercato ma tu
Non ci sei, se ci sei, te ne vai
Quando ritornerai
E quando, o sarai sempre lontana
Dimmi quando sarai da me
Tu non ci sei sta notte, odio, ma ti vorrei, e ti
vorrei e ti vorrei
Dimmi perchè non lo sopporto
Questa storia che è finita
In braccio alla tua vita
E dimmi quando ritornerai
Se la notte scura
E hai paura
Ricordati che sono ancora qua
E non ci sei, e poi ci sei
Ma te ne vai
Dimmi
Dimmi quando ritornerai
Tu non ci sei sta notte ma
Ritornerai

martedì 21 aprile 2015

SENZA AMORE - Adriano Celentano

Lettera n°64

Delle volte lascio che la ragione prenda il sopravvento, mi concedo brevi attimi di pausa in cui ti allontano con la stessa facilità con cui in estate scaccio via una zanzara pronta a banchettare col mio sangue che tanto gradiscono, chissà perché poi... Il problema nasce una volta terminato quel piccolo momento, quel lasso di tempo così ridicolo che vorrei trattenere e prolungare all'infinito cosi da non dover più sopportare il dolore che sento dentro. Quell'assenza, quella mancanza, chiamalo come ti pare, io un nome ce l'avrei pure in mente, ma risulterei insopportabilmente ripetitiva e tra l'altro lungi da me scriverlo più di quanto non lo abbia fatto, pronunciato e urlato in tutti questi mesi.
Non sono più finita in una Chiesa, dubito che quell'atto folle e sconsiderevole, compiuto più per disperazione che per un reale credo abbia potuto intercedere sul nostro riprovarci la seconda volta. Cosi come dubito fortemente che tu possa farti vivo con una qualsivoglia scusa o istintiva emozione o ragione che ti possa condurre nuovamente qui, nella mia vita. Chi non ha avuto il coraggio di prendere una decisione, per dolorosa che potesse essere e, quindi, troncare, nell'attimo stesso in cui ha compreso di non sentire nulla, dubito che possa avere il coraggio di spingersi a ricercare chi ha, involontariamente o volontariamente, fatto (e fa) stare male
So da me che passerà, mi racconto e mi raccontano costantemente che il tempo sana le ferite. Lo sai di ferite ne so molto, mi faccio male con una frequenza assurda, anche adesso ho una ferita sulla nocca, tutto per recuperare un giochino di K. che aveva infilato sotto un mobile, un gesto maldestro ed ecco le nocche della destra deturpate come se avessi disputato un incontro di pugilato con un mobile di legno massello. Ha vinto lui, ma alla fine il giochino l'ho recuperato per la gioia di K. , e tanto basta a sopportare il dolore e il bruciore. Le ferite sanguinolente  si richiudono in un paio di giorni, le ferite dell'anima, invece ci mettono un po' più di tempo, ma prima o poi si cicatrizzano. Certo come con la tua cervicale basta un po' di umidità ed ecco che il dolore torna ad essere presente, ma è un dolore sopportabile, riconducibile a una poetica malinconia che comunque ha un che di positivo. 
Come stai? Hai conosciuto qualcuna interessante? Qualche sguardo ti ha condotto al tuo Luz? Te lo auguro, nonostante tutto vorrei saperti felice, libero dai demoni che ho avuto l'impressione di aver risvegliato pur non avendone alcuna intenzione consapevole. E' capitato, magari la causa non è riconducibile nemmeno a me, ma un po' colpevole mi sento. Ho prestato per un po' troppa attenzione al mio dolore per comprendere il tuo, poi è toccato a te badare più al tuo e non considerare me, ma ci sta, nel momento stesso in cui non si sente nulla di più di un blando affetto ci sta pensare più a se stessi, non posso incolparti, non di questo. 
Mi sono persa. Tanto per cambiare. Volevo scriverti e scrivere come memo per me che non tornerai ad essere presente nella mia vita in alcun ruolo esistente al Mondo. Che senso avrebbe? Non lo so, a me farebbe piacere, almeno credo, sai cosa mi spinge a non saper abbandonare chi amo o chi voglio veramente bene, ma nonostante questo provo ancora a mettermi nei tuoi panni e no non ti sto giustificando, non lo faccio più, semplicemente vesto la tua essenza e la vivo per comprendere meglio la situazione. C'è sempre un po' di me, la totale estraniazione non fa per me, un po' di me c'è sempre in ogni dove, in ogni parola, in ogni immagine, in ogni emozione, ma cerco di eliminare il di più, quell'eccesso che potrebbe annebbiarmi la vista. Mi dico che vederti li non deve farmi male, in fin dei conti che sia un passatempo o una ricerca atta alla felicità, ben venga, è quello che desidero per te, che tu sia felice. Che tu sia amato e che tu riesca ad amare di quell'amore di cui hai tanto il desiderio. Incrocio le dita affinché tu non incorra in stronze senza cuore o in psicopatiche o fake (li sopra ce ne sono a bizzeffe), ma so che sei maturo abbastanza da saperti difendere e riconoscere una stronza già dal primo messaggio che vi scambierete. 
Sii istintivo, se vuoi rientrare nella mia vita, la chiave ce l'hai, usala o gettala a te la scelta. Io resto qui, nonostante tutto, resto qui. Non so cosa succederà nel futuro prossimo, ma per ora sono qui, con i miei Demoni, le lacrime, le parole che non sembrano avere più fine, con quell'amore che rimane perché non sono ancora capace di lasciarti andare via veramente. 
Posso aver pronunciato la parola fine, ma in fin dei conti dentro non l'ho ancora urlata.

domenica 19 aprile 2015

Lettera n°63

«Mi sentivo ed ero un libro con righe chiare di parole sensibili e taglienti, nessuno sapeva intravederne le fragilità, si pungevano e andavano via. Sono sempre stata e mi son sempre sentita come un libro aperto, circondato da analfabeti».
Sylvia Plath


Già, hai sempre avuto la capacità di leggermi con una facilità disarmante, qualcosa che mi ha sempre palesato la tua sensibilità e la mia instabilità nel mascherare, malamente, dietro parole, espressioni o qualunque gingillo umano, quello che poi tu in uno sguardo hai colto come se fosse sempre stato alla portata di chiunque. Ma tu non sei chiunque, tu sei quello che mi ha portato a conoscere cosa sia la felicità, con te ho colto in un frangente quello che volevo essere e chi in realtà sia. Come direbbe un mio amico (ne rubo la definizione) sono una persona da coppia, non riesco ad avere relazioni fine a se stesse, vivo bene in coppia con tutto quello che comporta e non comporta. I sacrifici e le rinunce non mi spaventano, ma purtroppo non era quello il destino a noi affidato. Due linee parallele simili ai binari di una stazione poco trafficata, incrociatesi per un breve attimo in un cuore ferroviario (lo so che non esiste nella dicitura tecnica, ma concedimi la licenza poetica), ma nuovamente distanziati. Incroci ne troveranno, ma non saranno mai come quello appena superato. L'amore muta sempre di relazione in relazione. Ha molti aspetti, te lo avrò detto e scritto un'infinità di volte, ma è quello che realmente credo. Eppure ad oggi sono tornata ad essere un libro aperto circondato da analfabeti, per carità, probabilmente sono io stessa la causa del loro essere analfabeti, probabilmente io stessa ho criptato le parole affinché la difficoltà nel leggerle divenga complicata e porti all'arrendevolezza, ma non posso costringermi a far leggere quel libro a qualcuno che non sia chi ha lasciato orme di cioccolata sulle pagine un tempo immacolate. Quelle orme hanno un nome: il tuo! Quelle macchie indelebili, quelle grinze, quelle orecchie poste qui e li dove ci sono passi che a te sono rimasti imprigionati dentro, parlano di te. Tutto quello che hai lasciato resta invariabilmente immutabile. Un po' come il mio libro di Baudelaire, sottolineature, orecchie e post-it, piccole note ai margini e segnalibri colorati a ricordarmi di quanto lo abbia e lo stia vivendo giorno per giorno. Segni indelebili di emozioni e ricordi. Parole che lasciano il segno su pagine ingiallite dal tempo. Il libro che sono non ha un bel finale, ma per breve che sia stato il lasso, cosi come umanamente verrebbe considerato dai più, l'intensità di quello che ho provato, quel lasciarsi andare totalmente, con la consapevolezza che potesse terminare da un momento all'altro, con la consapevolezza che come il sole nasce e sorge anche tu saresti andato via ho vissuto al massimo quel poco tempo frammentato che mi hai dato. Mi hai letto e mi hai riposto nella tua biblioteca. Magari un giorno quando cercherai un libro accarezzerai la costina con le tue dita linde, potrai riprendermi tra le mani, tornare a sfogliarmi oppure diverrò carta da macero. Non lo so. Lascio aperta la porta ad ogni possibilità. Per te. Per me. Per quel che è parso essere un noi, nonostante lo sia stato, prevalentemente, per me.

Cesare Pavese

Sta calmo mio Dolore e placati. La Sera
invocavi: eccola: sta scendendo;
la città si ravvolge in un’oscura atmosfera
che agli uni porta pace, agli altri tormento.
Mentre dei mortali la caterva vile,
sferzata dal Piacere, carnefice spietato, 
va a cogliere rimorsi alla festa servile,
dammi la mano Dolore; vieni qui e in disparte
restiamo. Vedi affacciarsi le defunte Annate
ai balconi del cielo, nelle vesti antiquate;
dall’acqua fonda il Rimpianto sorgere sorridente;
il Sole moribondo addormentarsi sotto un ponte, 
e strascicando a Oriente, come un lungo sudario,
senti senti la dolce Notte camminare.

Francesco Renga - L'amore altrove ft. Alessandra Amoroso


Ma chi siamo noi in questo universo
per pretendere tutto e pretenderlo adesso
E le stelle ad un tratto hanno smesso persino di indicarmi 
il percorso che tu chiamavi destino.

La colpa qui è di nessuno, 
abbiamo entrambi sbagliato e se
 da te ho preso tutto l'amore che ho meritato
E perché anch'io io d'altro canto
ti ho dato tutto il mio mondo,
adesso urlo da sola
con le mie impronte sul muro.

E non importa se sono più bravo
a parlare o a lasciare cadere
ogni tua minima provocazione
che mi ferisce anche senza colpire
Noi cercheremo l'amore altrove
Solo una cosa rimane sicura
ognuno avrà la propria vita
e proprio questo fa paura

C'è tutto di noi
in questa casa che ci osserva
tanti ricordi da salvare
avranno sempre un'importanza
ed io li tengo sotto chiave,
tra gli anelli e le collane
a ogni parola ho dato un peso
che ora non so più sostenere

Hai dimostrato coraggio e sei rimasta a guardare
Ma lo sapevi l'attesa ti avrebbe fatto più male
Speravi fosse soltanto un vento che al suo passaggio ha demolito un po' tutto,
avremmo dimenticato

E non importa se sono più brava
a parlare o a lasciare cadere
ogni tua minima provocazione
che mi ferisce anche senza volere

Noi cercheremo l'amore altrove
solo una cosa rimane sicura
ognuno avrà la propria vita
e proprio questo fa paura

E parleremo con altre parole
ritroveremo l'amore altrove
il nostro ormai si è consumato e adesso ha smesso di far male

Lettera n°62

«Lui era continuamente dentro di me, un tutt’uno con la mia persona, con tutte le mie azioni, con tutte le mie parole. Ciò che ero sembrava esistere solo per lui, essere rivolto solo a lui; quali che fossero i miei scopi apparenti, si allontanavano da me. Mi spersonalizzavo, mentre da un lato ero investita ad ogni passo da una forza sovrannaturale. Una vera ossessione, un piacere irritante, appagante. Una muta di primavera, forse sì. Era questo».
Rauda Jamis, “Frida Kahlo”


Ho provato a non scriverti e a non scrivere, perché l'atto stesso della scrittura mi porta, inevitabilmente, a te. Sto cercando in tutti i modi possibili di lasciarti andare, di pensare di più a me, sai ora peso come quando mi hai conosciuto. Sicuramente ne sarai contento, ma so perfettamente che non muterà la situazione che vi è al momento e che probabilmente, continuerà ad esserci con l'andare del tempo. Se sono tornata a scrivere è perché tra i mali questo è il minore, censurarmi non mi piace più. Per patetica che possa apparire non mi piace legare le dita che fremono. Sarebbe come impedire ai polmoni di riempirsi d'aria. Sono consapevole di star sbagliando, di dover evitare ogni cosa possa ricondurmi a te che non fai più parte di me, tu che mi fai male ancora nonostante non ci sia più concretamente. Tu che te ne freghi (ammettiamolo) di come possa stare, ma mi dico che va bene cosi, che sia giusto cosi, non ha senso alcuno che debba importarti di qualcuno che dal principio non hai voluto totalmente nella tua vita. Posso avere i miei sbagli, che tali, non mi paiono, cosi come  a te, i tuoi, non paiono tali. L'errore di fondo è stato sempre e solo uno, la mancata comunicazione. Quella stessa mancanza che oggi c'è ancora, ma oggi ha più senso nel suo esistere rispetto a quanto abbiamo provato, o meglio tu hai provato, a darmi del tempo, ma eri frenato, non mi raccontare che eri te stesso, sono stronzate, ti mancava il carburante adatto per essere totalmente te stesso. 
Mi manchi, ma questo penso tu l'abbia compreso abbondantemente. Probabilmente non è lo stesso per te, mi dispiace che non sia cosi, ma non posso costringerti a tenermi nella tua vita, o tenermi in considerazione. In fin dei conti sei ancora li. Passatempo o ricerca che sia. Provocazione o altro. Lo noto. Mi impongo di non sbirciare, di non cercarti, ma non è facile lasciarti andare quando dentro sento ancora quell'emozione odiosa che non ne vuole sapere di scemare. Col tempo, sempre questo benedetto/maledetto tempo, probabilmente muterà. Intanto ci provo, riuscendoci o meno, a lasciarti andare e a lasciarmi andare.

sabato 18 aprile 2015

Citazione Alda Merini

Ho solo bisogno di silenzio, tanto ho parlato troppo è arrivato il tempo di tacere, di raccogliere i pensieri allegri, tristi, dolci, amari, ce ne sono tanti dentro ognuno di noi. Gli amici veri, pochi, uno? sanno ascoltare anche il silenzio, sanno aspettare, capire. Chi di parole da me ne ha avute tante e non ne vuole più, ha bisogno, come me, di silenzio.
Alda Merini (1931 - 2009)

mercoledì 15 aprile 2015

Lettera n°61

Mi dico che prima o poi smetterò di pensarti, smetterò di scriverti, smetterò di parlare ancora di te, di metterti in mezzo per ogni cosa, di usarti come metro di paragone. Mi dico che prima o poi verrò amata e amerò di nuovo, magari in maniera condivisa, senza alcun senso unico, senza la sofferenza che quell'amore non corrisposto porta dentro, ma mi dico anche che il momento non è giunto. Conto ancora i giorni in cui quello che credevo fosse un "noi" è divenuto un "io" e un "tu", i giorni i cui siamo tornati ad essere due estranei che nemmeno si cercano. Io ti cerco lo sai, sapere che ci sei, anche il vederti lì, per quanto male mi possa fare saperti già alla ricerca, come ho già scritto abbondantemente nell'ultima mail, comunque mi porta a cercarti, il saperti li per un piccolissimo lasso di tempo mi porta a saperti vivo, solo, e lo ammetto mi illudo pure che tu possa pensarmi, possa scrivere di me, pur non inviandomi nulla. Aspetto ancora quello che hai scritto prima che la parola "fine" aleggiasse sulle nostre teste come una spada di Damocle dalla quale non vi è più alcuno scampo. Aspetto parole che la razionalità mi suggerisce costantemente che non giungeranno mai. Mi aspetto un messaggio vocale, un ripensamento, un "mi manchi" sincero o un "ti penso", illusione pura è quando mi aspetto un "ti voglio bene" sincero veramente, perché se vuoi bene ad una persona non sparisci del tutto, ci sei comunque, e lo so che non posso sapere se leggi o meno, se ci sei in qualche modo, ma faccio fatica a crederlo. Mi conosci, necessito di concretezza, di fatti, oggi soprattutto delle belle parole non so più che farmene. Sai anche che prima di innamorarmi di te come persona, ho amato quello che mi scrivevi, mi hai scosso l'anima sopita e da tempo disillusa. Hai scosso dentro quello "tsunami" che poi ne è scaturito. E ora? Silenzio. Assenza. Dolore. Anafettività. Mancato rispetto. Menefreghismo. Non voglio farti sentire una merda, lungi da me incolparti o volere il tuo male. Prendilo come un fottuto sfogo e nulla di più. Sono solo parole che celano le emozioni che ancora tornano a prendere il sopravvento alternandosi al nulla più assoluto. Mi manchi, ti amo ancora. Ti penso. Ti sogno. Ti voglio. Mi fai male, ma mi fai anche bene. Dualismi. Incoerenza. Chiamalo come ti pare. Dagli pure il mio nome a questo groviglio di sensazioni e a quella lacrima che solca le gote ancora adesso. Ogni volta che ti scrivo piango, sorrido se ricordo qualcosa di buffo, ma se scrivo, non posso fare a meno di lasciare che le lacrime scendano leggiadre e libere sul viso. Le parole e le lacrime sono divenute la valvola di sfogo del dolore della perdita. Del dolore di quell'essere vinta dinanzi ad una emozione che non è scaturita in chi ami perdutamente. In chi ti sei ritrovata e persa nuovamente. In chi affideresti la tua vita ancora e ancora nonostante la consapevolezza che non potrà mai amarti, ma mai dire mai, un giorno magari capirai oppure no, non lo so, come sai non prevedo il futuro e probabilmente nemmeno voglio sapere che fine farò. Non ha più alcun senso immaginare un futuro se chi mi ha fatto venire voglia di averne uno non potrà e vorrà farne parte. Spero tu stia bene e sia felice. Spero che tu riesca a trovare chi ti scuota da dentro come tu hai fatto con me. Spero sul serio che tu possa avere dalla vita tutto quello che desideri. Ripetitiva? probabilmente sì, ma ad un certo punto, non vivendoti le parole giungono quasi a termine o meglio sono i concetti che restano immutati, le parole cambiano, ma il succo del discorso resta, invariabilmente, sempre lo stesso.

P.S: per un paio di giorni ho creduto tu avessi letto l'ultima lettera che ti ho scritto qui sopra e di conseguenza avessi deciso di non loggarti più lì, mi sbagliavo... Ci sei ancora sempre tra i best user, sempre presente, nonostante ora ci sia un bel pallino rosso.
N.B: il tuo fake l'ho beccato. Non so cosa tu te ne faccia, sicuramente lo hai creato per goliardia (parola che usi spesso), mi fa sorridere immaginarti nell'impersonare una donna. Una donna sconosciuta che hai fotografato. La tua mano, la tua luce, il tuo sguardo fotografico li riconosco, conosco quella foto, me ne hai raccontato la storia. 

я тебя люблю (ya tebya lyublyu - ti amo)

martedì 14 aprile 2015

Alda Merini

Quelle come me

Quelle come me sono capaci di grandi amori e
grandi collere, grandi litigi, grandi pianti e grandi perdoni.
Quelle come me non tradiscono mai, quelle come
me hanno valori che sono incastrati nella testa
come se fossero pezzi di un puzzle, dove ogni
singolo pezzo ha il suo incastro e lì deve andare.
Niente per loro è sottotono, niente è superficiale o
scontato, non le amiche, non la famiglia, non gli
amori che hanno voluto, che hanno cercato, e
difeso e sopportato.

Quelle come me regalano sogni, anche a costo di
rimanerne prive...
Quelle come me donano l'anima, perché un'anima
da sola, è come una goccia d'acqua nel deserto.
Quelle come me tendono la mano
ed aiutano a rialzarsi, pur correndo il rischio
di cadere a loro volta…
Quelle come me guardano avanti,
anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro…
Quelle come me cercano un senso all’esistere e,
quando lo trovano, tentano d’insegnarlo
a chi sta solo sopravvivendo…
Quelle come me quando amano, amano per sempre…
e quando smettono d’amare è solo perché
piccoli frammenti di essere giacciono
inermi nelle mani della vita…
Quelle come me inseguono un sogno…
quello di essere amate per ciò che sono
e non per ciò che si vorrebbe fossero…
Quelle come me girano il mondo
alla ricerca di quei valori che, ormai,
sono caduti nel dimenticatoio dell’anima…
Quelle come me vorrebbero cambiare,
ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo…
Quelle come me urlano in silenzio,
perché la loro voce non si confonda con le lacrime…
Quelle come me sono quelle cui tu riesci
sempre a spezzare il cuore,
perché sai che ti lasceranno andare,
senza chiederti nulla…
Quelle come me amano troppo, pur sapendo che,
in cambio, non riceveranno altro che briciole…
Quelle come me si cibano di quel poco e su di esso,
purtroppo, fondano la loro esistenza…
Quelle come me passano inosservate,
ma sono le uniche che ti ameranno davvero…
Quelle come me sono quelle che,
nell’autunno della tua vita,
rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti
e che tu non hai voluto...

lunedì 13 aprile 2015

Josif Brodskij

Verso il mare della dimenticanza (Lettera a A.D.) - Josif Brodskij

Non è necessario che tu mi ascolti, non è importante che tu senta le mie parole, no, non è importante, ma io ti scrivo lo stesso (eppure sapessi com'è strano, per me, scriverti di nuovo, com'è bizzarro rivivere un addio...) Ciao, sono io che entro nel tuo silenzio. Che vuoi che sia se non potrai vedere come qui ritorna primavera mentre un uccello scuro ricomincia a frequentare questi rami, proprio quando il vento riappare tra i lampioni, sotto i quali passavi in solitudine. Torna anche il giorno e con lui il silenzio del tuo amore. Io sono qui, ancora a passare le ore in quel luogo chiaro che ti vide amare e soffrire...
Difendo in me il ricordo del tuo volto, così inquietamente vinto; so bene quanto questo ti sia indifferente, e non per cattiveria, bensì solo per la tenerezza della tua solitudine, per la tua coriacea fermezza, per il tuo imbarazzo, per quella tua silenziosa gioventù che non perdona.
Tutto quello che valichi e rimuovi tutto quello che lambisci e poi nascondi, tutto quello che è; stato e ancora è, tutto quello che cancellerai in un colpo di sera, di mattina, d'inverno, d'estate o a primavera o sugli spenti prati autunnali - tutto resterà sempre con me.
Io accolgo il tuo regalo, il tuo mai spedito, leggero regalo, un semplice peccato rimosso che permette però alla mia vita di aprirsi in centinaia di varchi, sull'amicizia che hai voluto concedermi e che ti restituisco affinchè tu non abbia a perderti.
Arrivederci, o magari addio. Librati, impossèssati del cielo con le ali del silenzio oppure conquista, con il vascello dell'oblio, il vasto mare della dimenticanza. 

Lettera n°60

Il Futuro - Julio Cortazar
E so molto bene che non ci sarai.
Non ci sarai nella strada,
non nel mormorio che sgorga di notte
dai pali che la illuminano,
neppure nel gesto di scegliere il menù,
o nel sorriso che alleggerisce il "tutto completo" delle sotterranee,
nei libri prestati e nell'arrivederci a domani.

Nei miei sogni non ci sarai,
nel destino originale delle parole,
nè ci sarai in un numero di telefono
o nel colore di un paio di guanti, di una blusa.
Mi infurierò, amor mio, e non sarà per te,
e non per te comprerò dolci,
all'angolo della strada mi fermerò,
a quell'angolo a cui non svolterai,
e dirò le parole che si dicono
e mangerò le cose che si mangiano
e sognerò i sogni che si sognano
e so molto bene che non ci sarai,
nè qui dentro, il carcere dove ancora ti detengo,
nè la fuori, in quel fiume di strade e di ponti.
Non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo,
e quando ti penserò, penserò un pensiero
che oscuramente cerca di ricordarsi di te.


So che non ci sarai, non ci sei nemmeno ora, ma per ora il tuo ricordo resta immutato, per ora in quel "carcere" in cui ti ho imprigionato le porte sono chiuse, non ho la forza, la voglia e il giusto grado di disinnamoramento per lasciarti andare via. Non è giunto ancora quel momento in cui diverrai un ricordo flebile, lievemente doloroso, ma pur sempre un ricordo. Per il momento il tuo nome, il tuo volto, le tue parole, la persona che credevo di conoscere resta immutata nel mio essere che ne è totalmente pregno. Lo sai, se volessi potrei avere chiunque, non mi mancano gli spasimanti, li avevo quando ho conosciuto te e ce ne sono anche ora, sicuramente molti di più di quel periodo, ma restano li. Li allontano perché non mi piace giocare con le persone, non mi piace illuderle, non mi piace creare aspettative. Non mi va di conoscere realmente nessuno, posso concedermi una serata, due, tre al massimo, ma poi torno a fare passi indietro, metto paletti, torno a metterti in mezzo come se tu fossi ancora concretamente presente nella mia vita. Il paradosso è proprio li, è ancora li: non ci sei eppure ci sei più di quanto sia giusto che tu ci sia. La tua presenza assente è malsana. Quello che non provo più è causa tua, quella che non sono più è causato da quello che tu hai fatto a me. Mi hai tenuta in bilico conscio di non sentire nulla, mi hai allontanata come se fosse la cosa più facile da fare e anche la più giusta, per te. Sempre e solo te. A me, in realtà, non hai pensato poi troppo. Concepisco razionalmente il tuo poter esser stato addolorato in parte per me, per quello che sentivo, ma non hai troncato appena hai compreso lucidamente di non provare nulla per me. Sai tutto di me, sai più di quanto altri possano sapere. Eppure... Eppure te ne sei infischiato. Te ne stai infischiando. Resti li dove ci siamo conosciuti, ti vedo pur essendomi cancellata, sei la mia salvezza e la fonte della mia malattia. Sei la mia malattia. Mi ammazzi ogni fottuto giorno che non ci sei. Mi ammazzi ogni volta che ti vedo li attivo e presente tra i best user. Ricercato, messaggiato, corteggiato. Che sia una perdita di tempo o una inconsapevole volontà di ricercare quello che tanto brami, bhè questo mi fa male, che tu lo sappia, sempre ammesso che tu legga. Mi fai male. La tua presenza lì mi fa male. Il mio non riuscire a sentire più la curiosità per un altro essere umano mi fa male. Il mio non fidarmi più delle parole, le stesse a cui ho sempre dato grande importanza, fa male. L'incapacità di stare bene per più di qualche ora al giorno fa male. Mi ammazzi. Ogni fottuto giorno mi ammazzi. Se volevi rispettarmi sappilo che lo stai facendo nel peggiore dei modi, eppure questa stupida continua a scriverti, questa stupida continua ad amarti, questa stupida vorrebbe chiederti: "Vuoi venire con me al vernissage su Van Gogh il 14 Aprile?". Questa stupida dopo due mesi e mezzo ancora ti ama come quella prima volta che ha compreso quale fosse il sentimento che l'ha scossa terribilmente da dentro. Ricordo tutto di quell'attimo. Ricordo il tuo sguardo, il mio perdermi in quel mare scuro. Le mie mani intrecciate nelle tue. Un sorriso sulle labbra di entrambi. Il tuo letto. Tu ed io e quel che credevo fosse un totale abbandono delle maschere che ci trasciniamo dietro quotidianamente. Fanno male anche queste lacrime che mi riempiono gli occhi, ma che sto trattenendo. Fai male. Tu mi fai male, ma nonostante ciò non riesco a smettere di amarti come quel giorno o come quella sera al teatro. Sai non te l'ho detto, ma ad un certo punto avevo scorto con la coda dell'occhio te con la reflex in mano, la puntavi verso lo specchio, ma poi hai cambiato idea. Ti era venuta voglia di fermare quell'attimo? Di fermare noi due? Avrò immaginato tutto, un po' come quel ti amo che non mi hai mai detto, ma che ho creduto di aver sentito durante una delle ultime sere passate assieme. Manchi. Manchi ancora.

domenica 12 aprile 2015

Lettera n°59

Come stai? Spero tu stia bene, spero tu sia felice.
Le giornate iniziano a divenire calde e piacevoli da vivere, oggi mentre portavo a spasso il mio figlioccio peloso pensavo a quanto sarebbe stato bello poter passeggiare con te, viverti con un tempo che non avrebbe creato malumori, un tempo in cui pioggia o freddo non ti avrebbero fatto venir voglia di non fare nulla, quanto piuttosto voglia di uscire, magari inforcare la reflex e immortalare attimi di strada. Utopia. Lo so che è pura utopia, passeggio da sola o con il cane, mi sono isolata, mantengo i Proci lontani, non so tessere come Penelope, ma scrivo, scrivo tanto, non qui, ma altrove lo faccio. Scrivo per ammazzare il tempo. Scrivo per non piangere e urlare contro il sole e il caldo che finalmente sono giunti. Se loro sono tornati tu no. Tu non tornerai cosi come io non ti cercherò. Insistere non ha senso, rischio solo di scadere nel patetico, di toccare il fondo, di umiliarmi, di ferirmi ulteriormente o semplicemente di sbagliare. Perché mai dovresti aver voglia di cercarmi? Se vuoi sapere come sto hai tutti i mezzi a tua disposizione per saperlo senza scomodarti di sentirmi. Non ha senso in effetti che tu voglia vedermi o sentirmi. Non ha senso che tu possa ritrovarti innamorato o sentire la mia mancanza. Non ha senso logico, ma nell'amore, quante volte lo abbiamo detto? Non esiste logica. L'attesa di un miracolo, di un ritorno, la speranza e l'illusione ci sono e non mi va di negarle ulteriormente. So di essermi persa totalmente, so di non volerti lasciar andare via, non da me almeno, ti ho lasciato andare fisicamente, ti ho lasciato libero di fare quello che ti pare, di essermi nuovamente estraneo, ma in me rimani. In ogni lacrima che verso c'è un po' di te, in ogni poesia che leggo c'è un po' di te, in ogni cosa che scrivo ci sei tu. Tu, tu sempre e solo tu. Frammenti di te scivolano sulle guance anche ora. Tranquillo, piango meno, ma un po', almeno adesso è divenuto liberatorio, lasciamo che scorgano libere senza frenarle. 
Il vuoto che sento è paragonabile al vuoto che ho lasciato nella tua casa o lo hai già riempito con altri colori? La tua oscurità con questo sole e questa luce primaverile si è attenuata un po'? Te lo auguro trenino. Ti auguro di stare bene, nonostante ciò possa far male a me. Ti vorrei sapere innamorato e felice. Nonostante tutto, non posso far altro che desiderare il meglio per te. E io? Io vado avanti cosi, sono forte, sono uno tsunami ricordi? Nel mio perpetuo movimento trovo la forza per andare avanti. Arranco, inciampo, ma ritrovo sempre la forza per compiere un passo in avanti. Mi tiro su dopo ogni botta o sgambetto che la vita mi riserva. Ti amo ancora, per quanto poco possa importare. Vorrei ancora viverti e riempire la tua vita, ma non posso, non sono io la predestinata del tuo amore infinito.

Poesia di Vinicius de Moraes

Assenza di Vinicius de Moraes
Io lascerò che muoia in me
il desiderio di amare i tuoi occhi
che sono dolci
perché nulla potrei darti
tranne la pena di vedermi eternamente esausto.
Eppure la tua presenza
è una cosa qualunque come la luce e vita...
... eppure io sento che nel mio gesto esiste il tuo gesto
e nella mia voce la tua voce

Io ti lascerò
tu andrai,
e accosterai il tuo viso a un'altro viso
le tue dita allacceranno altre dita
e tu sboccerai verso l'aurora
ma non saprai che a coglierti sono stato io
perché io sono il grande intimo della notte..
Perché ho accostato il mio viso al viso della notte
e ho sentito il tuo bisbiglio amoroso
e ho portato fino a me la misteriosa essenza
del tuo abbandono disordinato.
Io resterò solo come veliero nei porti silenziosi
ma ti possederò più di chiunque
perché potrò partire..
E tutti i lamenti del mare del vento del cielo degli uccelli
delle stelle saranno la tua voce presente
la tua voce assente
la tua voce rasserenata.

sabato 11 aprile 2015

Poesie di Kostantinos Petrou Kavafis

Dal cassetto
Volevo appenderla a un muro della stanza.
Ma l'umidità del cassetto l'ha guastata.
Non la metto in un quadro questa foto.
Dovevo conservarla con più cura.
Queste le labbra, questo il viso...
ah, per un giorno solo, per un'ora
solo tornasse quel passato.
Non la metto in un quadro questa foto.
Mi fa soffrire vederla così guasta.
Del resto, se anche non fosse guasta,
che fastidio badare a non tradirmi...
una parola, o il tono della voce...
se mai qualcuno mi chiedesse chi era.
Costantino Kavafis (Kostantinos Petrou Kavafis)



Torna
Torna sovente e prendimi,
palpito amato, allora torna e prendimi,
che si ridesta viva la memoria
del corpo e antiche brame trascorrono nel sangue
allora che le labbra ricordano, e le carni,
e nelle mani un senso tattile si riaccende.

Torna sovente e prendimi, la notte,
allora che le labbra ricordano, e le carni...
Costantino Kavafis (Kostantinos Petrou Kavafis)

mercoledì 8 aprile 2015

Lettera n°58

Mi manchi, vorrei dirti semplicemente questo e nulla di più. Dirtelo a voce, scrivertelo, ma temo la risposta o la non eventuale risposta. Temo una ricaduta o un rifiuto. Ho paura, semplicemente paura di cosa le mie azioni possano comportare o non comportare. Paura di disturbare (sempre la solita che conosci cosi bene) o di scoprirti impegnato in una nuova relazione o di apparire più patetica di quanto già non mi senta da un paio di mesi a questa parte. Orgoglio, un pizzico sicuramente c'è e influisce (non so ancora se negativamente o positivamente), ma c'è anche il rispetto verso me stessa e il dolore che sento per quel sentimento che, mio malgrado, nutro ancora nei tuoi riguardi. Non posso negare che continuo ancora a piangere quando riascolto un tuo messaggio vocale, se scrivo di noi o quello che mi appariva un noi, ma che oggi, col senno di poi mi appare tutto un sogno, una illusione, un senso unico doloroso. Ti manco? Senti mai la mia mancanza? Ci pensi a noi o a quel che siamo stati? Oppure non ci vuoi pensare perché farlo ti porterebbe a sentirti un vinto per non esser riuscito a sentire quello che, stando a quel che mi hai detto, avresti voluto sentire? Domande, prima o poi termineranno almeno me lo auguro, perché averne, ma essere priva di risposte fa male. Mi manchi. Tutto qui. Ci sono giorni in cui manchi tanto tanto e altri in cui manchi, ma la mancanza riesco a gestirla a richiuderla in determinati spazi ed è solo un piccolo pizzicore dell'anima. Vorrei che la mancanza fosse sempre gestibile, chiudibile in un piccolo spazio, sia quel pizzico fastidioso ma sopportabile, non mi do una data di scadenza, non ho bisogno di quantificare il tempo, non sarei nemmeno capace di farlo. Manchi tu, il tuo essere, le parole false o vere che fossero, mi manco io per come mi sentivo con te. Manchiamo noi e quelle risate ormai perdute.
Mi manchi. Mi manco. Mi manchiamo.

domenica 5 aprile 2015

Vomitata post spiata "paterna"

Ogni tanto mi ricordo di avere un "padre" (biologico sia chiaro), il tipo in questione, che non vedo dalla bellezza di due anni, se non ricordo male, ma forse sono pure tre, non ha ben chiaro cosa implichi pubblicare le cose su Facebook senza premurarsi di controllare la privacy, ciò mi porta, quelle poche volte che me ne ricordo dell'esistenza, di poter leggere le stronzate che scrive. Premetto che non lo odio per quanto come essere umano faccia decisamente schifo e come uomo non sia meglio, soprattutto, per quel che mi riguarda non merita minimamente di essere definito padre, un padre ci deve essere sempre a prescindere da tutto quello che la vita ti mette dinanzi. Comunque ho sorriso per le cazzate che pubblica, ogni post che mette o condivide mi fanno solo convincere di non aver perso proprio nulla. Una figura paterna l'ho avuta e mi ha aiutato a crescere come meglio ha potuto, inculcandomi valori che quell'altro li (padre biologico) non conosce minimamente. Il mio papà vero mi ha inculcato l'importanza della parola rispetto, l'importanza nel non giudicare in base ad un titolo di studi o dall'apparenza, mi ha aiutato a superare quei piccoli ostacoli che ho incontrato nel mio cammino, mi ha coccolata e amata nonostante non sia mai stata il massimo dell'accondiscendenza. Mi ha amata in maniera incondizionata come un padre vero farebbe. L'altro, quello biologico, invece non c'è mai stato, è sparito e poi boh, non so nemmeno poi se si è o meno pentito. Ripeto ho smesso di odiarlo (o almeno credevo fosse odio, quando in realtà era un semplice schifo e rinnego del sangue che porto nelle vene, un po' alla Masini per intenderci), ma continuo a non rispettarlo come essere umano, a criticarlo e sperare nella sua redenzione. Se cosi non fosse io non c'ho perso proprio nulla, è lui che ha perso troppe opportunità e occasioni, lui continuerà a perdersi tutto. 

Lettera n°57

Mi piace credere che a volte mi pensi
come capita a me,
che a tratti ti manco e
che se non ci sei è solo
perché non puoi. 
Che ti appartiene
lo stesso desiderio,
che il tempo che ci divide
a volte è un tormento
a volte nostalgia,
un dipinto fatto di noi.
Che la notte a volte ti manco,
che appartengo ad un sogno,
che se nulla avviene
è solo perché non puoi.
Mi piace credere
che un giorno ti rivedrò
guardandoti negli occhi,
trovando un po’ di me.
Che comprenderai
il posto che occupi
e l’immenso che sei.
Mi piacere credere
che un giorno
mi vedrai veramente
per quella che sono
con difetti e pregi.
E con la voglia di abbracciarmi
mi stringerai a te guardandomi
con gli occhi e con l’anima
di chi un po’ mi ama.
Silvana Stremiz


Inutile aggiungere altro, chi vuole legga e chi sa leggere comprenda. Che tu possa leggere o meno sai che ogni parola di adesso è dedicata a te, ancora a te che non fai più parte di me, o meglio di cui io non faccio più parte, perché tu di me, nonostante tutto ne fai ancora parte, ci sei e resti li ancorato e ti abbraccio e stringo incapace di lasciarti andare, scivolare via da dove ti ho riposto. Ti auguro una serena Pasqua nonostante il maltempo, ma so che la tua famiglia ti sarà attorno, giocherai coi nipotini, riposerai, leggerai, giocherai a scopa con tuo padre e vedrai i tuoi amici. Vivrai com'è giusto che sia. Sii felice. 
Un treno è appesa passato ne ho udito il fischio e ho sorriso. 
Ancora (e lo farò sempre) associo e assocerò i treni a te. Mi manchi.

sabato 4 aprile 2015

Lettera n°56

"La vita va avanti" è il mio mantra da un po' di tempo a questa parte. So che è vera, so che mi ci posso aggrappare quando un ricordo non voluto torna a bussare a quella porta sprangata, so che è vera perché la vita va veramente avanti nonostante il dolore, la mancanza, l'assenza e i silenzi rumorosi che possano esserci tutto intorno. Eppure delle volte vi è il bisogno di lasciarsi andare al malessere, io ne ho bisogno perlomeno. In questi giorni la vita è andata avanti e io con essa, eppure per ogni passo che compio sulla mia via, mi ritrovo a fare uno o due verso quello che ho lasciato alle mie spalle. Verso te. E così ultimamente mi ritrovo a pensarti indaffarato nella scelta delle uova pasquali da regalare ai tuoi nipoti. Mi domando se avresti voluto che, come per i regali natalizi, ci fossi io li al tuo fianco per trovare quelli adatti, quelli desiderati o semplicemente quelli che hanno le sorprese che più potrebbero stupirli. Magari ti sei fatto accompagnare da un'amica o da una nuova fidanzata oppure semplicemente ci sei andato da solo, e se cosi fosse, se sei andato nello stesso posto in cui abbiamo trovato assieme quei regali di Natale, ti sono venuta in mente? Avresti voluto avere al tuo fianco una talebana tsunamica che osserva e tocca tutto quello che incontra? Ti sono mancata in quella scelta, in quei giri tra uova colorate, colombe e giocattoli? Non so quanto sia giusto pormi e porti domande che alla fin fine rimarranno sempre prive di risposta, ma scrivendole me ne libero. Le imprimo metaforicamente su di un foglio e li resteranno, lasceranno un piccolo vuoto facile da colmare, da altre domande, altri pensieri, ma almeno un minimo di sollievo, in questo caso, la scrittura me lo offre. 

Nonostante tutto mi manchi ancora. 
A me manchi, ma la vita va avanti.

venerdì 3 aprile 2015

Poesia J.W. Goethe

Ah, che nostalgia ho di te,
angelo mio! Almeno in sogno,
almeno in sogno mostrati!
Anche se molto dovrò patire,
trepidante lottare cogli spiriti,
e al risveglio affannare.
Ah, che nostalgia ho di te,
ah, quanto cara mi sei
anche nei sogni più cupi!
J.W. Goethe

giovedì 2 aprile 2015

Che sia un segnale oppure no?

Quanto la chiusura di un esercizio commerciale può nuocere gravemente alla salute emotiva e mentale? Tanto!
Ieri sera mi era presa voglia di uno Yogo (yogurt freddo da condire come più si preferisce), sono arrivata fino in centro e nulla, il negozietto di qui ha chiuso i battenti. La fitta allo stomaco è stata prepotentemente intensa. Il dolore dei ricordi è affiorato senza mezzi termini e preavviso alcuno. Quello "scrunc scrunc", quelle risate, quel mangiare assieme, quel bisticciare e quel raccontarsi si è perduto come me e te. Ricordi Settembrini di un mese un po' bizzarro, freddo e caldo alternati e la voglia di conoscersi, la voglia di condividere, la voglia di annullare le distanze e l'essere estranei e ora? Ora più nulla. Vetrine oscurate, una insegna prossima alla rimozione, un locale che diventerà altro ed io? Io sono tornata a casa con la pancia vuota e gli occhi colmi di lacrime. Perduto. Eppure i ricordi restano. Tu resti, nonostante tutto, tu resti.