sabato 5 dicembre 2015

Lettera n°76

Come stai? E' da un po' che non ti scrivo, non perché non ne abbia avuto la voglia, quanto piuttosto perché ho cercato di evitare un dolore gratuito, quel dolore che ogni parola mi provoca cosi come il semplice pensiero di te. Eppure oggi eccomi qui, non ho potuto fare a meno di pensarti, vuoi perché un anno fa di questo periodo eravamo, forse è meglio dire ero, felice, veramente felice, ed oggi lo sono stata un po'. Mi sei venuto in mente come quella persona a cui vorresti raccontare la tua giornata. Raccontare delle mille peripezie che stai facendo per un concorso fotografico nazionale al quale ti sei iscritta, raccontare nei minimi dettagli la giornata lavorativa passata a sorridere e rimproverare e poi a motivare i miei studenti. Ti parlerei del mio ultimo alunno di quanto sia trementamente lingua lunga, del filo da torcere che mi da quotidianamente, ma di come già faccia parte di quelle poche persone a cui tengo, perché lo sai quanto tengo ai miei nanetti, sai quanto per me sia importante dare loro non solo un aiuto concreto nella loro istruzione, ma essere, all'occorrenza, anche quell'amica un po' più grandicella con cui confidarsi e a cui chiedere consiglio, sulla quale appoggiarsi se si sta male. Sono i miei cuccioli, i bambini che non ho partorito, ma che vedo crescere anno dopo anno e che accompagno per mano fino alla maturità. Ti parlerei di Kenny del suo essere diventato sempre più pigro e del suo essere ancora terribilmente terrorizzato dai botti, tant'è che quest'anno il veterinario gli ha dato delle pilloline che sembrano il valium per i cagnolini, ma almeno starà bene e non soffrirà d'ansia, si potrà godere queste giornate elettrizzanti, cariche di attesa e di aspettative per il Natale che è alle porte e per la fine dell'anno. Ti parlerei del mio continuare ad arrossire quando parlo con qualcuno anche per telefono, ma del sentirmi un po' di più realizzata quando i miei progetti vengono accolti con entusiasmo, mi vedresti iperattiva e instancabile, come lo ero un anno fa, mai immobile. Una piccola trottola che va da una parte all'altra e che cerca di far rientrare tutto in piccoli lassi di tempo. Ti parlerei delle mie giornate, delle mie incazzature, delle montagne superate (metaforicamente), di quello che sto imparando con il confronto quotidiano, di quanta soddisfazione stia avendo e di come un po' stia credendo in me stessa nonostante non ci sia tu a fare il tifo per me. Ho iniziato un secondo romanzo, anche se, ammetto, sono mesi che non riesco ad andare avanti, non perché non sappia come proseguirlo, ma mi fa male la sua stesura come il primo, fa male staccarsi e lasciarsi andare tra le parole, fa male riversare tutto li dentro e non ho voglia di piangere, bastano le lacrime che ho versato e che verso ogni volta che mi vieni in mente, proprio come ora. Penso siano sufficienti al momento e bastino come razione, non occorre aumentarne il dosaggio, non per ora, certo le lacrime portano con loro una emozione e non hai idea di quanto ne abbia bisogno dal momento che sono diventata aemozionale, stimolo le emozioni con la fotografia, con i libri, con i film, ma non sempre hanno effetto, non sempre accendono qualcosina. So che non mi leggi più, ma mi fa un pochino bene liberare le parole, lasciarle andare e fermarle qui sopra. Mi liberano quel tanto che basta per poter respirare. Mi manchi, ma non ti cerco. Sei libero e io lo diventerò realmente tra pochi mesi (spero). Spero tu stia bene, ma veramente bene. Spero tu sia felice e sereno. Volevo dirti solamente questo. Eri la persona ed ora... ora non sei più nulla. Un fantasma del passato. uno sconosciuto che vorrei rivedere domani, che vorrei riconoscere tra i tanti che ci saranno al live, ma so che non si sarai, non fanno per te la confusione e i workshop, ma chissà, magari sbaglio. 

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