giovedì 5 novembre 2015

Mal di testa e influenza più deliri vari

«Il dolore è passato. La vita lo ha trasformato in qualcos’altro; dopo averlo provato, dopo aver singhiozzato, lo si nasconde agli occhi del mondo come una mummia da custodire nel padiglione funerario dei ricordi. Passa anche il dolore provocato dall’amore, non credere. Rimane il lutto, una specie di cerimonia ufficiale della memoria. Il dolore era altro: era urlo animalesco, anche quando stava in silenzio. È così che urlano le bestie selvatiche quando non comprendono qualcosa nel mondo – la luce delle stelle o gli odori estranei – e cominciano ad avere paura e ululare. Il lutto è già un dare senso, una ragione e una pratica. Ma il dolore un giorno si trasforma, la vanità e il risentimento insiti nella mancanza si prosciugano al fuoco purgatoriale della sofferenza, e rimane il ricordo, che può essere maneggiato, addomesticato, riposto da qualche parte. È quel che accade ad ogni idea e passione umane».
Sándor Marái “Il gabbiano”

E mi ritrovo ad ascoltare la "sua" stazione radio preferita, non mi andava di vedere un film, di leggere o scrivere, non mi andava di mettere ordine tra le foto stampate per crearne dei piccoli reportage e non mi andava nemmeno di studiarmi il prossimo reportage, ho un mal di testa tremendo causato dall'influenza, niente febbre, solo tosse e raffreddore fortissimo. Probabilmente non avrei dovuto nemmeno metter su la musica, il mal di testa è rimasto costantemente fastidioso lì nello stesso posto, fermo come quei ricordi che non se ne andranno mai, non come il dolore emotivo che come ben scrive Marái d'un tratto si trasforma semplicemente in ricordo e i ricordi sono più malleabili, gestibili, usabili a proprio vantaggio o svantaggio a seconda dell'occorrenza, certo delle volte possiamo pensare che stiano prendendo il sopravvento, ma non è cosi. Gli occhi sono aridi, il vuoto creatomi divora tutto dentro, non sento più nulla, assolutamente nulla se non quel martellare le tempie e la musica che scorre dritta nelle orecchie tramite le cuffiette ma che, comunque, nemmeno sto ascoltando veramente, un semplice diversivo per non sentire il silenzio o la cacofonia dei rumori circostanti. Le domande ho imparato a zittirle, ad accantonarle, a riporle lontano, alla fine è stato semplice, mi è bastato tornare al preferire la censura, il silenzio verbale iscritto e mentale, mi è bastato concentrarmi su altro, qualunque cosa fosse quell'altro, entità colma di una miriade di significati e significanti, per mettere a tacere tutto quello che andava taciuto. 
Apprezzo quello che Emil Cioran ha scritto nei suoi "Sillogismi dell’amarezza": "Noi amiamo sempre… malgrado tutto; e questo “malgrado tutto” copre un infinito". Vero, lo condivido, si ama sempre... malgrado tutto, ma nonostante quel malgrado tutto, siamo in grado di alzarci le maniche e per noi stessi, per l'amore verso noi stessi, andare avanti, nonostante le difficoltà iniziali, nonostante la difficoltà nel cancellarsi dal luogo che vi ha fatto incrociare, nonostante quei ricordi, nonostante il pensiero costante (rimuovibile con un po' di sforzo), nonostante la presenza dell'assenza, nonostante lo stomaco che brucia, la rabbia, l'amore, la tristezza, l'incoerenza, la delusione, nonostante la consapevolezza, si torna a sorridere per delle sciocchezze.

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