mercoledì 15 luglio 2015

Salvami o uccidimi, ma ti prego: cercami.


L'impatto che una foto può avere è relativo e soggettivo a chi la sta osservando in un determinato momento. Tralasciando quello che la foto o meno racconti, non si può non considerare l'impatto emotivo che, a prescindere dal significato esplicito o implicito che vi sia al suo interno, trasmette nell'osservatore. Questa foto di Robert Wiles in cui vi è immortalato il suicidio di Evelyn McHale ci racconta un fatto, ci mostra un evento, ma tralascia quello che vi è dietro il gesto descritto. Fonti dell'epoca parlano di un breve messaggio di addio nei riguardi del suo fidanzato o ex fidanzato. E questo, se lo si conosce a priori porta l'osservatore a trarre una conclusione che sfocia nella passione, nel dolore, ma se non si conosce la storia (cosa che in realtà è, se si considera il periodo e i pochi elementi a disposizione o in circolazione ad oggi) può portare l'osservatore a dare una valenza differente o decisamente personale a quello che l'impatto emotivo  del fermo immagine ispira. Personalmente, ancor prima di conoscere la storia del breve messaggio, avevo già immaginato una situazione amorosa poco felice, contorta e dolorosa. L'atto stesso del suicidio di una giovane donna in quel periodo non mi fa pensare ad altro, non al momento, non per come personalmente vivo il mio attimo attuale. Delicati i lineamenti, elegante la posa anche nell'atto ultimo della vita. Doveva essere una donna bellissima Evelyn, voglio immaginare che fosse innamorata, immagino che lui non l'amasse o l'amasse troppo ma non glielo dimostrasse, questo dopo la lettura del biglietto, ma emotivamente avrei pensato ad un amore travagliato, non corrisposto o illegale, E sempre emotivamente mi sento un po' come Evelyn, precipito a lungo in brevi attimi temporali in un abisso oscuro in cui il dolore divora tutto quello che di buono o differente possa comparire come per magia. Anche una bella serata, alla fine, prima di coricare le membra sul letto, diviene un suicidio emotivo. La mancanza è palpabile, il dolore è cocente come il primo giorno, la voglia di lui mi annienta e mi lascia a boccheggiare aria malsana e impura. Precipito e mi suicido ogni volta che ne parlo, ogni volta che ci penso, ogni volta che lo desidero, ogni volta che mi impongo di non cercarlo. E urlo un "Salvami" con le labbra serrate e senza voce, nella speranza che le anime connesse comunichino tra di loro, nella speranza che sia lui a cercarmi e ad ascoltare quel grido di aiuto silenzioso che quotidianamente mi strozza la gola.

Nessun commento:

Posta un commento