lunedì 8 giugno 2015

Ciò che seppellisci o da cui scappi è sempre dentro di te.

"Tutto ciò che stai sopportando... Non dovresti proprio sopportarlo. Dovresti sentire tutto. Dovresti sentirti dispiaciuta, smarrita, piena di dolore. E' normale."
"Non lo è affatto"
"Lo è. E' normale, invece. Non lo è per te perché è la prima volta. E invece di sentirti dispiaciuta, invece di provare dolore, hai spento i sentimenti e assumi droghe invece di... Invece di provare dolore, stai scappando via. Tu... Invece di avere a che fare con l'essere feriti, tristi e soli e spaventati da questo orribile senso di vuoto che regna qui, sono scappato. Sono letteralmente scappato. Mi sono arruolato per un'altra missione. Noi ci comportiamo cosi. Noi scappiamo. Ci curiamo. Noi facciamo tutto ciò che possiamo per insabbiare tutto questo dolore. Ma non è normale. Dovremmo sentirlo. Dovremmo... Amare e odiare e provare dolore. E provare dispiacere. E... sentirci a pezzi. E sentirci distrutti... Ci rimettiamo in piedi, per poter essere distrutti un'altra volta. Ma è la vita umana. E' il cerchio della nostra vita. Ed è essere vivi. Ed è proprio questo lo scopo. Solo questo. Non evitarlo. Non eliminarlo." - Grey's Anatomy

E' vero, invece di sentire che un dolore occupa tutto il nostro essere, ci ritroviamo a scappare, seppellirlo o fingere che esso non è mai sopraggiunto, non è mai esistito. Riempiamo la nostra vita delle cose più disparate, delle persone più assurde o normali  come se ne avessimo effettivamente bisogno, semplici palliativi e nulla di più, cerotti messi su una ferita non rimarginata e che senza le dovute cure non rimarginerà mai, anzi, se lo farà ci lascerà un segno indelebile, una cicatrice dolorosamente brutta e sensibile agli sbalzi di temperatura. Il problema, il fulcro del dolore non sarà sparito d'un colpo, resterà sempre lì, pronto a riaffiorare al primo rilassamento delle membra, al primo svuotamento di mente eccolo che riaffiora forte come prima, devastante e terribilmente doloroso. Sopportare quel vuoto creato, quella mancanza insostituibile, affrontare quel dolore seppellito per un lungo periodo, sopportare il peso di chi hai fatto accomodare nella tua vita e da cui ti sei allontanata senza percepire il minimo dolore o rimorso, con la consapevolezza che fossero solo passatempi con cui occupare un po' del tempo morto avanzante. Rendersi conto che tutto quello che hai fatto, in fin dei conti non è servito a nulla se non ad accrescere ulteriormente quel vuoto e quel dolore. E la paura di dover affrontare ancora e ancora una volta tutto dall'inizio ti paralizza. Smetti di vivere e di esserci. Come un'automa agisci, ma non ci sei. Non ci sei più. Chi sei? Dove stai andando? Cosa vuoi dalla tua vita? Domande a cui non hai più alcuna risposta perché quella che daresti d'istinto ti condurrebbe nelle braccia del dolore. Taci, ti distrai. Torni a riempire il nulla con altro nulla. Il tempo scorre e te ne freghi altamente del suo stesso scorrere e del suo fregarsene del tuo restare indietro. Non ti importa più nulla, perché dovrebbe? Stai scappando. Hai seppellito il dolore. Lo stai evitando come in passato si evitavano gli appestati. Scappi a gambe levate e ti richiudi nella tua piccola bolla di nulla che, come una coperta di Linus, ti offre la protezione di chi è venuto meno e ha creato tutto questo... Dolore.

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