mercoledì 8 aprile 2015

Lettera n°58

Mi manchi, vorrei dirti semplicemente questo e nulla di più. Dirtelo a voce, scrivertelo, ma temo la risposta o la non eventuale risposta. Temo una ricaduta o un rifiuto. Ho paura, semplicemente paura di cosa le mie azioni possano comportare o non comportare. Paura di disturbare (sempre la solita che conosci cosi bene) o di scoprirti impegnato in una nuova relazione o di apparire più patetica di quanto già non mi senta da un paio di mesi a questa parte. Orgoglio, un pizzico sicuramente c'è e influisce (non so ancora se negativamente o positivamente), ma c'è anche il rispetto verso me stessa e il dolore che sento per quel sentimento che, mio malgrado, nutro ancora nei tuoi riguardi. Non posso negare che continuo ancora a piangere quando riascolto un tuo messaggio vocale, se scrivo di noi o quello che mi appariva un noi, ma che oggi, col senno di poi mi appare tutto un sogno, una illusione, un senso unico doloroso. Ti manco? Senti mai la mia mancanza? Ci pensi a noi o a quel che siamo stati? Oppure non ci vuoi pensare perché farlo ti porterebbe a sentirti un vinto per non esser riuscito a sentire quello che, stando a quel che mi hai detto, avresti voluto sentire? Domande, prima o poi termineranno almeno me lo auguro, perché averne, ma essere priva di risposte fa male. Mi manchi. Tutto qui. Ci sono giorni in cui manchi tanto tanto e altri in cui manchi, ma la mancanza riesco a gestirla a richiuderla in determinati spazi ed è solo un piccolo pizzicore dell'anima. Vorrei che la mancanza fosse sempre gestibile, chiudibile in un piccolo spazio, sia quel pizzico fastidioso ma sopportabile, non mi do una data di scadenza, non ho bisogno di quantificare il tempo, non sarei nemmeno capace di farlo. Manchi tu, il tuo essere, le parole false o vere che fossero, mi manco io per come mi sentivo con te. Manchiamo noi e quelle risate ormai perdute.
Mi manchi. Mi manco. Mi manchiamo.

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