domenica 19 aprile 2015

Lettera n°62

«Lui era continuamente dentro di me, un tutt’uno con la mia persona, con tutte le mie azioni, con tutte le mie parole. Ciò che ero sembrava esistere solo per lui, essere rivolto solo a lui; quali che fossero i miei scopi apparenti, si allontanavano da me. Mi spersonalizzavo, mentre da un lato ero investita ad ogni passo da una forza sovrannaturale. Una vera ossessione, un piacere irritante, appagante. Una muta di primavera, forse sì. Era questo».
Rauda Jamis, “Frida Kahlo”


Ho provato a non scriverti e a non scrivere, perché l'atto stesso della scrittura mi porta, inevitabilmente, a te. Sto cercando in tutti i modi possibili di lasciarti andare, di pensare di più a me, sai ora peso come quando mi hai conosciuto. Sicuramente ne sarai contento, ma so perfettamente che non muterà la situazione che vi è al momento e che probabilmente, continuerà ad esserci con l'andare del tempo. Se sono tornata a scrivere è perché tra i mali questo è il minore, censurarmi non mi piace più. Per patetica che possa apparire non mi piace legare le dita che fremono. Sarebbe come impedire ai polmoni di riempirsi d'aria. Sono consapevole di star sbagliando, di dover evitare ogni cosa possa ricondurmi a te che non fai più parte di me, tu che mi fai male ancora nonostante non ci sia più concretamente. Tu che te ne freghi (ammettiamolo) di come possa stare, ma mi dico che va bene cosi, che sia giusto cosi, non ha senso alcuno che debba importarti di qualcuno che dal principio non hai voluto totalmente nella tua vita. Posso avere i miei sbagli, che tali, non mi paiono, cosi come  a te, i tuoi, non paiono tali. L'errore di fondo è stato sempre e solo uno, la mancata comunicazione. Quella stessa mancanza che oggi c'è ancora, ma oggi ha più senso nel suo esistere rispetto a quanto abbiamo provato, o meglio tu hai provato, a darmi del tempo, ma eri frenato, non mi raccontare che eri te stesso, sono stronzate, ti mancava il carburante adatto per essere totalmente te stesso. 
Mi manchi, ma questo penso tu l'abbia compreso abbondantemente. Probabilmente non è lo stesso per te, mi dispiace che non sia cosi, ma non posso costringerti a tenermi nella tua vita, o tenermi in considerazione. In fin dei conti sei ancora li. Passatempo o ricerca che sia. Provocazione o altro. Lo noto. Mi impongo di non sbirciare, di non cercarti, ma non è facile lasciarti andare quando dentro sento ancora quell'emozione odiosa che non ne vuole sapere di scemare. Col tempo, sempre questo benedetto/maledetto tempo, probabilmente muterà. Intanto ci provo, riuscendoci o meno, a lasciarti andare e a lasciarmi andare.

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