lunedì 13 aprile 2015

Lettera n°60

Il Futuro - Julio Cortazar
E so molto bene che non ci sarai.
Non ci sarai nella strada,
non nel mormorio che sgorga di notte
dai pali che la illuminano,
neppure nel gesto di scegliere il menù,
o nel sorriso che alleggerisce il "tutto completo" delle sotterranee,
nei libri prestati e nell'arrivederci a domani.

Nei miei sogni non ci sarai,
nel destino originale delle parole,
nè ci sarai in un numero di telefono
o nel colore di un paio di guanti, di una blusa.
Mi infurierò, amor mio, e non sarà per te,
e non per te comprerò dolci,
all'angolo della strada mi fermerò,
a quell'angolo a cui non svolterai,
e dirò le parole che si dicono
e mangerò le cose che si mangiano
e sognerò i sogni che si sognano
e so molto bene che non ci sarai,
nè qui dentro, il carcere dove ancora ti detengo,
nè la fuori, in quel fiume di strade e di ponti.
Non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo,
e quando ti penserò, penserò un pensiero
che oscuramente cerca di ricordarsi di te.


So che non ci sarai, non ci sei nemmeno ora, ma per ora il tuo ricordo resta immutato, per ora in quel "carcere" in cui ti ho imprigionato le porte sono chiuse, non ho la forza, la voglia e il giusto grado di disinnamoramento per lasciarti andare via. Non è giunto ancora quel momento in cui diverrai un ricordo flebile, lievemente doloroso, ma pur sempre un ricordo. Per il momento il tuo nome, il tuo volto, le tue parole, la persona che credevo di conoscere resta immutata nel mio essere che ne è totalmente pregno. Lo sai, se volessi potrei avere chiunque, non mi mancano gli spasimanti, li avevo quando ho conosciuto te e ce ne sono anche ora, sicuramente molti di più di quel periodo, ma restano li. Li allontano perché non mi piace giocare con le persone, non mi piace illuderle, non mi piace creare aspettative. Non mi va di conoscere realmente nessuno, posso concedermi una serata, due, tre al massimo, ma poi torno a fare passi indietro, metto paletti, torno a metterti in mezzo come se tu fossi ancora concretamente presente nella mia vita. Il paradosso è proprio li, è ancora li: non ci sei eppure ci sei più di quanto sia giusto che tu ci sia. La tua presenza assente è malsana. Quello che non provo più è causa tua, quella che non sono più è causato da quello che tu hai fatto a me. Mi hai tenuta in bilico conscio di non sentire nulla, mi hai allontanata come se fosse la cosa più facile da fare e anche la più giusta, per te. Sempre e solo te. A me, in realtà, non hai pensato poi troppo. Concepisco razionalmente il tuo poter esser stato addolorato in parte per me, per quello che sentivo, ma non hai troncato appena hai compreso lucidamente di non provare nulla per me. Sai tutto di me, sai più di quanto altri possano sapere. Eppure... Eppure te ne sei infischiato. Te ne stai infischiando. Resti li dove ci siamo conosciuti, ti vedo pur essendomi cancellata, sei la mia salvezza e la fonte della mia malattia. Sei la mia malattia. Mi ammazzi ogni fottuto giorno che non ci sei. Mi ammazzi ogni volta che ti vedo li attivo e presente tra i best user. Ricercato, messaggiato, corteggiato. Che sia una perdita di tempo o una inconsapevole volontà di ricercare quello che tanto brami, bhè questo mi fa male, che tu lo sappia, sempre ammesso che tu legga. Mi fai male. La tua presenza lì mi fa male. Il mio non riuscire a sentire più la curiosità per un altro essere umano mi fa male. Il mio non fidarmi più delle parole, le stesse a cui ho sempre dato grande importanza, fa male. L'incapacità di stare bene per più di qualche ora al giorno fa male. Mi ammazzi. Ogni fottuto giorno mi ammazzi. Se volevi rispettarmi sappilo che lo stai facendo nel peggiore dei modi, eppure questa stupida continua a scriverti, questa stupida continua ad amarti, questa stupida vorrebbe chiederti: "Vuoi venire con me al vernissage su Van Gogh il 14 Aprile?". Questa stupida dopo due mesi e mezzo ancora ti ama come quella prima volta che ha compreso quale fosse il sentimento che l'ha scossa terribilmente da dentro. Ricordo tutto di quell'attimo. Ricordo il tuo sguardo, il mio perdermi in quel mare scuro. Le mie mani intrecciate nelle tue. Un sorriso sulle labbra di entrambi. Il tuo letto. Tu ed io e quel che credevo fosse un totale abbandono delle maschere che ci trasciniamo dietro quotidianamente. Fanno male anche queste lacrime che mi riempiono gli occhi, ma che sto trattenendo. Fai male. Tu mi fai male, ma nonostante ciò non riesco a smettere di amarti come quel giorno o come quella sera al teatro. Sai non te l'ho detto, ma ad un certo punto avevo scorto con la coda dell'occhio te con la reflex in mano, la puntavi verso lo specchio, ma poi hai cambiato idea. Ti era venuta voglia di fermare quell'attimo? Di fermare noi due? Avrò immaginato tutto, un po' come quel ti amo che non mi hai mai detto, ma che ho creduto di aver sentito durante una delle ultime sere passate assieme. Manchi. Manchi ancora.

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