martedì 5 maggio 2015

Saffo e un'anima simile ad una fetta di emmental

«Sono qui.
Nell’anticamera del Paradiso
vestita di solo desiderio.
Chiudo gli occhi.
Un passo verso di te.
L’inferno.
Le fiamme avviluppano
i nostri corpi
la pelle freme
il cuore batte a ritmo di tango.
Il sangue bolle.
Il vento tace.
Apro gli occhi…
tu non ci sei.
Io non ci sono».
Saffo

Il fulcro di questa poesia, ai miei occhi esplode negli ultimi tre versi: "Apro gli occhi... tu non ci sei. Io non ci sono". La poesia è chiara, la comprendo in ogni singola parola scelta, ogni aggettivo, soggetto, complemento o verbo sono colmi di significato, ma per me è in quella terzina che risiede realmente il tutto. Se la togliessimo la poesia prenderebbe un significato differente da quello che, evidentemente, Saffo voleva lasciarci intendere. E' struggentemente delicata nella sua semplicità devastante. La sento un po' mia, non condivido mai pensieri, stralci di libri o poesie senza che esse in un modo o nell'altro non vadano ad intaccare una emozione, a pungolarla per ridestarla dall'assopimento in cui era caduta. Delle volte le emozioni sono paragonabili alle Principesse della Disney, in questo caso una Bella Addormentata che, curiosa, si è punta con un fuso. Il fuso metaforico può essere qualunque altra emozione che l'ha sopraffatta o la stessa ragione che le ha imposto di restare in un angolino silente, non voluta, non desiderata, non necessaria. Eppure poi basta un quadro, una canzone, una poesia o un racconto ed ecco che quell'emozione torna sbadigliando un po' a ridestarsi. Pochi attimi o per lungo tempo, quello sta a lei deciderlo, ma intanto si è svegliata la pigrona cacciata in fondo e troppo debole per farsi sentire a pieni polmoni. Nel mio caso l'emozione si attiva e disattiva, se leggo quella terzina con attenzione sento qualcosa smuoversi, ma appena allontano lo sguardo da loro puff svanisce nuovamente, torna la vuotezza di emozioni che essa, nonostante nel mio caso sia la ragione a ripudiarla come una figlia disubbidiente, lascia. Non importa più di quel vuoto è solo un piccolo vuoto, all'occorrenza so come riempirlo, un po' come tutti i vuoti di media e piccola entità e di valore emozionale che lasciano la mia anima assomigliare ad una fettina di emmental, ci sono altri vuoti che invece non possono essere riempiti in alcun modo, restano lì, in un angolino, illuminati, contemplati e nutriti dalle emozioni a cui sono legati pur non essendo prettamente emozionali, ma restano vuoti non più riempibili, non con quello che manca e di cui portano la forma. Chiamare, urlare, implorare, sperare, sognare, non serve assolutamente a nulla. Non si riempiranno più, questa volta la ragione ha ragione.

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